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La seguente pubblicazione di SOS MEDITERRANEE vuole far luce sugli eventi che si sono verificati nel Mediterraneo centrale nelle ultime due settimane. «Sguardo sul Mediterraneo» non è inteso come un aggiornamento esaustivo, ma si propone di trattare le questioni relative alla ricerca e soccorso che si verificano nell’area in cui operiamo dal 2016, sulla base di rapporti di diverse ONG, organizzazioni internazionali e articoli dalla stampa internazionale.

[15.02.23]

Salvataggi critici condotti da navi Ong, in lutto per la morte di tre persone

Nella notte tra giovedì e venerdì 3 febbraio, la Sea-Eye 4 ha condotto due operazioni di soccorso, salvando un totale di 107 sopravvissuti. Durante il primo soccorso sono stati recuperati anche due cadaveri da una barca di metallo. Due sopravvissuti sono stati evacuati d’urgenza in elicottero per motivi medici, e uno di loro è morto in ospedale. Per lo sbarco dei 107 sopravvissuti è stato inizialmente assegnato dalle autorità italiane il porto di Pesaro, a 1000 km di distanza dalla loro posizione. In seguito alle rimostranze del capitano della nave, è stato successivamente assegnato il porto di Napoli, a circa 480 km di distanza dall’area delle operazioni. Il 6 febbraio la Sea-Eye 4 ha sbarcato le rimanenti 105 persone soccorse e i due cadaveri.

Il 5 febbraio, secondo il giornalista italiano di Radio Radicale Sergio Scandura, due grandi pescherecci partiti dalla Libia, con a bordo rispettivamente 230 e 500 persone, sono stati soccorsi dalla Guardia Costiera italiana nel sud-est della Sicilia. Sono stati fatti sbarcare nei porti siciliani di Pozzallo, Augusta e Messina.

Il 13 febbraio, dopo diversi giorni di maltempo, la Geo Barents di MSF ha evacuato 48 persone da una imbarcazione di legno in difficoltà, nella zona libica di Ricerca e Soccorso. In seguito, le autorità italiane hanno assegnato alla Geo Barents il lontano porto di Ancona per sbarcare i 48 sopravvissuti.

Più di cento arrivi autonomi su gommoni in Italia, in uno di essi ritrovati otto corpi – il sindaco di Lampedusa chiede aiuto

Nella prima settimana di febbraio, La Repubblica afferma che sono sbarcate in Italia 1.420 persone, “un numero consistente in linea con l’aumento degli arrivi, raddoppiati rispetto all’anno scorso. […]. Un’ulteriore dimostrazione che il pull factor non esiste (come da anni attestano i numeri sugli sbarchi) è quanto sta avvenendo in questi giorni in zona Sar libica, dove le due grandi navi umanitarie che continuano le loro missioni, la Geo Barents e la Ocean Viking, da una settimana non hanno né visto né soccorso neanche un’imbarcazione.”

Almeno 52 persone sarebbero salpate da Sfax, in Tunisia, il 28 gennaio. È stato riportato che durante il terribile viaggio, dieci persone sono decedute: i soccorritori italiani hanno recuperato otto corpi in un’imbarcazione il 2 febbraio, mentre sbarcavano 42 sopravvissuti sull’isola di Lampedusa. E’ stato riferito che una delle donne decedute fosse incinta. I corpi di due persone sono stati dati per dispersi e non sono stati ritrovati dopo le prime operazioni di ricerca: i sopravvissuti hanno raccontato che un bambino di quattro mesi è scivolato fuori dall’imbarcazione dopo che la madre, che lo teneva in braccio, ha perso i sensi ed è morta per assideramento. Un uomo sarebbe annegato mentre cercava di recuperare il corpo del bambino.

Il 4 e 5 febbraio, a Lampedusa ci sono stati più di cento arrivi autonomi su gommoni.

Una donna è stata trovata aggrappata al suo salvagente nel Canale di Sicilia, dopo aver trascorso ore in acqua. È stata soccorsa da una barca di pescatori tunisini nella notte tra venerdì e sabato (3-4 febbraio).

Il sindaco di Lampedusa, Filippo Mannino, ha chiesto l’aiuto del governo, spiegando che “cadaveri di migranti vengono portati a Lampedusa per essere seppelliti quasi ogni settimana”.

Proseguono le intercettazioni e i rimpatri forzati in Libia, che si estendono anche ai pescherecci italiani

Nelle ultime due settimane, un totale di 531 persone sono state intercettate e riportate forzatamente in Libia, mentre l’Italia ha iniziato a fornire la prima delle cinque imbarcazioni aggiuntive promesse alla Guardie costiere libica, il 6 febbraio.

Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), tra il 29 gennaio e il 4 febbraio 2023, 131 uomini, donne e bambini sono stati intercettati dalle autorità marittime libiche e rimpatriati forzatamente in Libia.

Tra il 5 e l’11 febbraio, questa cifra è salita a 400 persone.

Nel frattempo, il 3 febbraio, quattro pescherecci italiani impegnati in una campagna di pesca a circa 80 miglia nautiche a nord di Tripoli sarebbero stati avvicinati da una motovedetta libica che ha tentato di sequestrarli.

Ciò ha determinato un pronto intervento della Marina italiana, con la nave San Marco e il suo elicottero, che avrebbe allontanato la motovedetta libica, ponendo fine al tentativo di sequestro.

Il Tribunale di Catania dichiara che il decreto interministeriale italiano è stato un “illegittimo”, e il governo si scusa per la richiesta “errata e diffamatoria” di intervenire come parte civile nel processo contro Iuventa

Il 6 febbraio il tribunale di Catania ha dichiarato che l’emissione del decreto interministeriale italiano, che ha imposto alla nave di soccorso Humanity 1 di SOS Humanity, il 4 novembre 2022, il divieto di sostare nelle acque territoriali è stata una “condotta illegittima”. Avrebbe impedito “in modo discriminatorio il diritto al soccorso e l’accesso alla procedura di asilo” per una parte dei 179 sopravvissuti a bordo. “Questa sentenza di un tribunale italiano sottolinea che il nuovo governo italiano è obbligato a seguire il diritto internazionale”, afferma Mirka Schaefer, Advocacy Officer di SOS Humanity.

Il 10 febbraio è iniziato il processo contro ventuno difensori dei diritti umani impegnati in missioni di soccorso in mare. Gli equipaggi della nave di ricerca e soccorso Iuventa e i membri di diverse ONG, tra cui Sea Watch, Save the Children e Medici senza frontiere, sono accusati di “aver colluso con i trafficanti di esseri umani per consentire l’ingresso non autorizzato di migranti” in Italia tra il 2016 e il 2017, in quello che è il più grande processo del Paese contro le organizzazioni di soccorso in mare.

Il procedimento in corso è stato condannato dalla relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei difensori dei diritti umani Mary Lawlor, che ha chiesto la “fine della criminalizzazione dei difensori dei diritti umani impegnati nelle missioni di soccorso in mare”.

Durante il processo, secondo l’equipaggio di Iuventa, il governo italiano si è scusato per l’istanza “errata e diffamatoria” di intervenire come parte civile nel processo.

 

Foto: Nissim Gasteli/SOS MEDITERRANEE

Il nostro “Sguardo” resta sul Mediterraneo. Per garantire testimonianza di quel che avviene nel Mediterraneo Centrale e per onorare i morti e i dispersi. Continuiamo a osservare e a raccontare.