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I 234 esseri umani soccorsi in mare tra il 22 e il 26 ottobre costretti ad attendere 3 settimane in acque internazionali, in ostaggio di una politica italiana ed europea che li ha utilizzati come pedine. Una situazione inaccettabile, che non deve ripetersi mai più.

La Ocean Viking è salpata il 18 ottobre verso l’area delle operazioni, si tratta della sua missione numero 23.

Dopo gli usuali giorni dedicati alle esercitazioni, il 22 ottobre in piena notte ha effettuato il primo soccorso della missione.

La mattina dopo, altre vite in salvo:

 

Il 24 ottobre, invece, abbiamo purtroppo dovuto assistere ad uno dei respingimenti operati dalla Guardia costiera libica, finanziata ed equipaggiata dagli Stati europei e dall’Italia. Forse sono proprio queste testimonianze, il nostro ruolo di “occhio” della società civile a far sì che i governi siano così ostili alla presenza delle navi civili di soccorso nel Mediterraneo centrale.

 

Due i soccorsi il 25 ottobre:

 

E altri due il 26 ottobre, tra i quali uno in piena notte. Le persone soccorse in totale a bordo sono adesso 234. Non sanno, non sappiamo, che sia loro che noi rimarremo in ostaggio dei rapporti politici tra stati europei per ben 3 settimane.

 

 

 

A terra, il neo-ministro dell’interno emette un divieto d’ingresso (mai notificato) nelle acque territoriali italiane contro la nostra nave, sostenendo che la Ocean Viking avrebbe «agito in modo autonomo», senza coordinarsi con tutte le autorità competenti. Questo non è vero: come fa sempre, dal 2016, la nave ha avvertito di qualsiasi proprio spostamento tutte le autorità interessate.

 

Inizia, in Italia, una lunga catena di eventi politici apertamente ostili al soccorso in mare, alle persone soccorse e ai soccorritori. Il nostro equipaggio assiste attonito dalla nave. Il 27 ottobre emettiamo questo comunicato stampa, per chiarire cosa stia succedendo e quale sia il nostro modo di comportarci in mare.

Le storie a bordo sono quelle tragiche che, purtroppo, ascoltiamo da anni.

 

Il 1 novembre, dopo 9 giorni di attesa in mare ad aspettare invano che i Paesi costieri come Malta e Italia rispettassero i propri obblighi legali di fronte al diritto marittimo internazionale, abbiamo chiesto ad altri Paesi membri (Spagna, Grecia e Francia) di facilitare le operazioni, assumendo il coordinamento dei casi. Anche in questa istanza, non abbiamo ricevuto risposta.

 

Nella notte tra il 4 e il 5 novembre, una tempesta costringe la Ocean Viking a cercare riparo in acque internazionali a est della Sicilia e a Sud della Calabria. Onde alte anche 3 metri mettono a dura prova la tenuta fisica e mentale delle persone soccorse.

 

I capitani di altre navi di soccorso, tra cui la Geo Barents e la Humanity 1, prendono la decisione di ripararsi dalla stessa tempesta in acque territoriali italiane (prerogativa che è senz’altro consentita dal diritto del mare). Queste navi di soccorso vengono quello stesso giorno attinte da un decreto interministeriale siglato dai ministri dell’Interno, della Difesa e delle Infrastrutture della Repubblica italiana. Ricevono l’ordine di recarsi nel Porto di Catania per sbarcare esclusivamente le persone considerate “fragili”. Una procedura illegale, pericolosa (3 persone si butteranno a mare dalla Geo Barents), e soprattutto disumana.

 

Nel frattempo, la situazione a bordo della nostra nave non può che complicarsi. Le persone sono fisicamente e mentalmente esauste, la tensione cresce. A bordo, come le autorità italiane sanno, abbiamo persone malate che non rispondono alle cure.

 

Dopo quasi 20 giorni in mare, sconcertati per la palese violazione del diritto internazionale da parte di Italia e Malta, che hanno contravvenuto all’obbligo di assegnare un Porto sicuro ai naufraghi, la grave situazione di difficoltà a bordo ci ha costretti a chiedere un porto alla Francia.

 

Il 10 novembre, finalmente, dopo aver evacuato 3 pazienti e un parente in Corsica per motivi sanitari, le 230 persone rimaste a bordo apprendono che le autorità francesi hanno assegnato il porto di Tolone per il loro sbarco. La nave arriverà nella città mediterranea della Francia e vi sbarcherà tutti i naufraghi il giorno dopo, l’11 novembre.

 

Un’odissea inaccettabile, una vicenda che ha messo a nudo il fallimento dell’Europa nel costruire politiche integrate di soccorso in mare. Una vergogna, soprattutto, il fatto che poche centinaia di naufraghi siano rimasti in ostaggio per calcoli e guadagni politici dell’un o e dell’altro Stato membro. Una situazione di grave violazione del diritto internazionale  e dei diritti delle persone soccorse che non deve ripetersi. Mai più.

 

 

Foto e video: Camille Martin Juan/SOS MEDITERRANEE

Le missioni in mare di SOS MEDITERRANEE sono sostenute nel 2022 e 2023 anche con i fondi Otto per Mille della Chiesa Valdese. Il supporto dei nostri donatori e partner è fondamentale: in mare fa la differenza tra la vita e la morte!