Il Consiglio Ue ha adottato ieri mattina a maggioranza qualificata tutti e 10 i testi legislativi che costituiscono il patto per l’immigrazione e l’asilo, ovvero il documento programmatico con cui la Commissione espone le linee guida che orienteranno il proprio lavoro sul tema migrazioni nei prossimi anni.
Noi di SOS MEDITERRANEE, che siamo in prima linea sul tema del soccorso in mare e pattugliamo per 12 mesi all’anno la rotta del Mediterraneo Centrale, riteniamo che questa riforma non rappresenti un passo in avanti bensì una riconferma di tutto ciò che, secondo noi, ha contribuito a creare il disastro umanitario che da decenni è sotto gli occhi di tutti.
Innanzitutto la base di partenza è sempre quella del supporto a paesi come la Libia o la Tunisia dove non sono garantiti i diritti fondamentali delle persone e dove non esiste una forma di governo democratica. Questo atteggiamento potenzia la percezione della migrazione come una minaccia per la sicurezza collettiva, anziché una questione umanitaria.
Patto Ue migrazione e asilo, i punti deboli
Entrando poi nelle specifiche del documento:
La regolamentazione concordata dagli Stati membri dell’UE diminuisce il livello di protezione per le persone che cercano sicurezza, erode i loro diritti e ignora l’urgente necessità di un programma SAR nel Mediterraneo guidato dall’Europa. Le persone continueranno a intraprendere viaggi pericolosi finché non avranno altri modi per cercare luoghi sicuri.
Per quanto riguarda il soccorso in mare, il nuovo accordo non introduce nulla per prevenire le morti in mare, né per aprire vie d’accesso sicure e legali.
Questo nuovo Patto non offre soluzioni tangibili ed efficaci per prevenire altre morti in mare nel rispetto del diritto marittimo e umanitario.
Il Patto autorizza e normalizza un meccanismo di detenzione alle frontiere che aggira il concetto di “luogo sicuro” previsto dal diritto marittimo internazionale, così come i principi fondamentali del diritto internazionale e il principio del non respingimento. L’ampliamento del concetto di “paese terzo sicuro” (non previsto dal diritto internazionale) permetterà infatti il respingimento delle persone salvate in alto mare e sbarcate in un luogo sicuro, verso paesi che non sono in grado di garantire protezione.
Questo significa erodere la sicurezza del “luogo sicuro” di sbarco, minando l’istituzione del diritto d’asilo, dalla domanda al riconoscimento.