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La seguente pubblicazione di SOS MEDITERRANEE vuole far luce sugli eventi che si sono verificati nel Mediterraneo centrale nelle ultime due settimane. «Sguardo sul Mediterraneo» non è inteso come un aggiornamento esaustivo, ma si propone di trattare le questioni relative alla ricerca e soccorso che si verificano nell’area in cui operiamo dal 2016, sulla base di rapporti di diverse ONG, organizzazioni internazionali e articoli dalla stampa internazionale.

Quattro navi delle ONG tornano nel Mediterraneo centrale, due delle quali dopo mesi di fermo amministrativo.

Il 2 ottobre l’aereo Seabird ha avvistato un’imbarcazione in difficoltà con circa 70 persone a bordo e ha informato la nave mercantile Asso29 che si trovava nelle vicinanze. Il comandante della nave ha inizialmente negato che si trattasse di un’emergenza e solo dopo parecchie ore ha avviato l’operazione di soccorso. Il 4 ottobre le persone tratte in salvo dall’Asso29 sono sbarcate sane e salve a Lampedusa.

Il 6 ottobre la barca a vela Nadir di Resqship ha soccorso 39 persone in difficoltà nella Regione di ricerca e soccorso maltese. I sopravvissuti sono sbarcati a Lampedusa nel pomeriggio.

Il 7 ottobre la nave Open Arms di Proactiva Open Arms è salpata verso il Mediterraneo centrale per la prima volta dopo sei mesi di fermo amministrativo e di successiva sosta in cantiere navale. Il 10 ottobre anche la nave Sea-Watch 3 di Sea-Watch è salpata verso il Mediterraneo centrale. La nave, fino a luglio sotto fermo amministrativo, è rimasta in cantiere per lavori di manutenzione a Burriana, in Spagna, fino ai primi di ottobre.

Il 10 ottobre la nave ResQPeople di People Saving People ha soccorso 59 persone in difficoltà, tra cui 6 donne e 17 minori.


Continuano le segnalazioni di rimpatri forzati e naufragi in mare.

Le ultime due settimane nel Mediterraneo centrale sono state caotiche, si sono registrati naufragi e verificati casi di “naufragi fantasma”, con cadaveri ritrovati a riva o recuperati in mare. Intanto il numero dei rimpatri forzati continua a salire vertiginosamente.

Il 30 settembre 91 persone sono state riportate forzatamente a Tripoli. Il 2 ottobre un’operazione di respingimento di altre 89 persone ha causato due vittime. Secondo l’UNHCR altre 40 persone risultano scomparse.

Il 3 ottobre la guardia costiera libica ha riportato forzatamente in Libia in un solo giorno ben 500 persone . Il 6 ottobre, almeno 17 corpi sono stati rinvenuti sulle rive della Libia occidentale, secondo quanto riferito dalla Mezzaluna Rossa libica. Il dramma continua, con l’UNHCR che segnala, in data 11 ottobre, il recupero di 15 cadaveri e il respingimento da parte di due motovedette libiche di 177 persone partite da Zwara e Alkhoms la notte precedente.


Situazione caotica in Libia: la detenzione di massa di 5.152 persone causa la continua perdita di vite umane. L’ONU afferma che nel Paese vengono quotidianamente commessi crimini contro l’umanità.

Oltre alle tragedie in mare, il 1° ottobre le autorità libiche hanno condotto dei raid nelle case e negli alloggi temporanei utilizzati da persone in transito nella zona di Gargaresh, con conseguenti “detenzioni di massa,

vittime e perdita di vite umane” secondo quanto riferito dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM). Si stima che in seguito ai raid 5.152 persone siano state trasferite nei centri di detenzione statali. L’UNCHR ha affermato che i raid hanno portato alla demolizione di alcuni rifugi, creando il panico tra la gente della capitale. “Molti, compresi bambini non accompagnati e giovani madri, che hanno perso gli alloggi e sono ora senzatetto, si sono rivolti al personale e ai collaboratori dell’UNHCR presso il Centro Diurno (CDC) per ricevere assistenza immediata”. Tuttavia l’escalation delle tensioni ha indotto l’UNHCR a sospendere temporaneamente i servizi regolari presso il centro.

In risposta a quanto accaduto, la Missione di supporto delle Nazioni Unite in Libia (UNSMIL) ha ribadito il suo “appello alle autorità libiche affinché prevengano e pongano fine ad arresti e detenzioni arbitrari e rilascino immediatamente le persone più vulnerabili, in particolare donne e bambini”.

Il 4 ottobre una Missione d’Inchiesta Indipendente guidata dal Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha pubblicato un rapporto in cui afferma che crimini di guerra sono stati verosimilmente commessi in Libia dal 2016: “La violenza nelle prigioni libiche è commessa su una tale scala e con un tale livello di organizzazione che potrebbe essere ragionevolmente comparata a crimini contro l’umanità […]. Migranti, richiedenti asilo e rifugiati sono soggetti successivamente ad abusi in mare, nei centri di detenzione e nelle mani dei trafficanti”.

Il 9 ottobre sei persone sono state uccise e almeno altre 24 ferite nel centro di detenzione di Mabani, in cui 4.187 persone sono state trasferite con la forza dopo i raid del 1 ottobre, secondo quanto riferisce l’OIM. Le guardie armate hanno sparato sulle persone in seguito a tentativi di fuga. L’OIM ha condannato questo attacco: “l’uso eccessivo della forza e della violenza è causa di morte ed è un evento normale nei centri di detenzione libici”, ha dichiarato il Capo Missione dell’OIM Libia Federico Soda. “Alcuni membri del nostro personale che hanno assistito a questo incidente riferiscono di aver visto migranti feriti stesi a terra in una pozza di sangue. Siamo devastati da questa continua tragica perdita di vite umane”.

Secondo l’OIM, quasi 10.000 tra uomini, donne e bambini sono detenuti in condizioni pietose in strutture di detenzione in cui gli operatori umanitari non possono entrare.

Nonostante i recenti episodi, la Commissione europea consegnerà alla guardia costiera libica nuove motovedette di classe “P150”, secondo quanto riportato da Euobserver.


Sbarchi autonomi segnalati a Lampedusa

Tra il 2 e il 3 ottobre, secondo quanto riferito, tra 400 e 600 persone sono arrivate a Lampedusa su 18 diverse piccole imbarcazioni. Alcuni di loro sono arrivati autonomamente mentre altri sono stati soccorsi vicino alla costa dalla guardia costiera italiana e da altre navi.

Il 5 ottobre, l’aereo Seabird della Sea-Watch ha avvistato un’imbarcazione con circa 60 persone a bordo nella Regione di ricerca e soccorso maltese, successivamente soccorsa dalla guardia costiera italiana. Ulteriori sbarchi sono stati recentemente segnalati a Lampedusa

Il nostro “Sguardo” resta sul Mediterraneo. Per garantire testimonianza di quel che avviene nel Mediterraneo Centrale e per onorare i morti e i dispersi. Continuiamo a osservare e a raccontare.