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EPISODIO 18

Mare e terra
Vincenzo Angelini

2017

Non è la prima volta che in questo appuntamento virtuale parliamo di Lampedusa. L’isola siciliana resta uno snodo fondamentale delle rotte del Mediterraneo. Più vicina al continente africano che alla Sicilia, Lampedusa rappresenta la meta più immediata per molti che sono costretti a lasciare il proprio paese per raggiungere l’Europa. A Lampedusa il fenomeno migratorio ha lasciato e continua a lasciare segni tangibili del proprio passaggio. Gli abitanti dell’isola convivono da anni con questi elementi che, ormai, non possiamo più definire estranei ma parte, essi stessi, della morfologia dell’isola.

Il fotografo Vincenzo Angelini ha catturato questi elementi rendendoli protagonisti di un libro fotografico dedicato a Lampedusa. Il libro, come esplicitato dal suo titolo, è incentrato sulla terra e il mare rappresentati da una contrapposizione di immagini complementari che acquisiscono maggiore significato proprio grazie alla loro alternanza.

La prima parte, dedicata al mare, raccoglie solo immagini in bianco e nero nelle quali le uniche protagoniste sono le barche, fotografate spesso in dettagli molto ravvicinati. In queste immagini la figura umana è

completamente assente. Le barche sono memoria di un passaggio avvenuto in un momento imprecisato, vicino o lontano, ma, comunque, passato, finito, concluso.

La seconda parte, dedicata alla terra, contiene immagini a colori in cui si alternano scene di vita quotidiana degli abitanti dell’isola e le tracce della presenza dei migranti rintracciabili, per esempio, nella Porta d’Europa di Mimmo Paladino, il monumento scultoreo collocato sul promontorio più estremo dell’isola oppure nelle strutture che compongono l’hotspot in cui sono accolti i migranti. In questa seconda parte il presente sembra contrapporsi al passato rappresentato dai resti delle barche a cui è dedicata la prima parte. Ma la contrapposizione è solo apparente perché il libro rimanda a un movimento circolare, un senso di scambio continuo tra passato e presente. Angelini sembra suggerire un processo che è destinato a ripetersi sempre uguale a se stesso, a meno che non intervenga qualcosa ad arrestarlo.

E forse questa è la stessa sensazione che abbiamo in molti, ormai abituati ad assistere sempre a nuovi sbarchi, in un’eterna ripetizione che sembra non potersi mai arrestare.

di Valentina Nencini