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È la mattina del 2 novembre quando ci sediamo accanto a Josette* mentre sta discutendo con un’altra donna che ha appena incontrato. Avvolta da una coperta, siede a gambe incrociate vicino al ponte principale della nave Aquarius. Esattamente nel posto dove qualche ora prima, dopo essersi aggrappata alle mani dei soccorritori di SOS MEDITERRANEE, ha posato i piedi e ripreso fiato, rassicurata dal trovarsi finalmente al sicuro.

 

Josette è camerunense. Sembra avere una quarantina d’anni e ancora non ha superato il viaggio estenuante che l’ha condotta dal suo Paese d’origine alla Libia. Ha viaggiato sola per fuggire alle persecuzioni di cui è stata vittima in Camerun. Tre mesi in viaggio fatti di aggressioni, arresti e racket.

 

Alcuni sono morti, altri hanno rinunciato
«A volte ho incontrato qualcuno e così facevo la strada in compagnia. Il viaggio è stato molto lungo. Ogni tanto sentivamo “banditi”, allora ci fermavamo, tornavamo indietro e provavamo a nasconderci. Non sapevamo mai per quanto tempo, ma era lungo. Alcuni sono morti durante il viaggio, di fatica, di fame … altri hanno rinunciato, se ne sono andati ma riproveranno, di sicuro».

 

Non c’era nulla da bere, nulla da mangiare né benzina per andare avanti
«Quando sono arrivata in Libia non conoscevo nessuno. Sono rimasta solo tre settimane perché mi hanno presentato subito una persona che mi ha chiesto se volevo partire. Poi ci hanno messo in contatto per salire sulla barca». «Una barca», piuttosto una barchetta di plastica bianca che non le avrebbe lasciato alcuna possibilità di arrivare viva in Europa.

Partiti durante la notte, Josette e le altre persone a bordo del gommone sono state soccorse l’indomani, dopo ore trascorse alla deriva nel mare sempre più agitato. «Non c’era nulla da bere, nulla da mangiare né benzina per andare avanti. Ognuno se l’è cavata come ha potuto».

«È difficile credere che sia finita. Certo, sapevo che questo viaggio sarebbe stato pericoloso! Ma quello che ho vissuto nel mio Paese – le violenze, le persecuzioni – non era più accettabile. Sì, sarei potuta morire. Ma non importa». Al riparo sulla Aquarius, Josette rivolge il viso verso il sole che riscalda il ponte e chiude gli occhi. Sorride.

 

(*) Il nome e la foto non corrispondono alla persona citata al fine di proteggerne l’identità.

Foto: Anthony Jean / SOS MEDITERRANEE

Traduzione: Silvia von Verschuer

Editing: Federica Giovannetti