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Aquarius, Marzo 2017

Testimone W.

Si chiama W.,
Corre a piedi nudi sul ponte dell’Aquarius. Come unico bagaglio ha portato con sé i ricordi della sua famiglia. Il suo passaporto è stato confiscato. La dignità gli è stata tolta. Ridotto alla schiavitù, non gli resta altro che la speranza di una vita migliore.

Si chiama W. Ha 17 anni. La testa piena di sogni. Ma il suo cuore è già pesante. Vorrebbe tornare sui banchi di scuola del suo villaggio natale nel cuore della vallata di Manipur, nell’India dell’Est. Vorrebbe occuparsi di suo padre malato. Giocare con suo fratello piccolo di 10 anni. Abbracciare sua madre e dirle quanto le vuole bene. Niente di tutto ciò è possibile oggi. Ha lasciato la sua casa, la sua vita, la sua famiglia. Un viaggio che lo conduce nel cuore dell’inferno. Dietro le finestre chiuse di una casa in Libia.  
Tutto inizia un mattino d’estate. Arriva la notizia del cuore fragile di suo padre. W. inizia a fare dei lavoretti per sovvenire ai bisogni dei suoi cari. Ha 12 anni e si dà molto da fare. Trasporta persone sul risciò durante l’interminabile stagione delle piogge, lavora come bidello in una scuola. Rieccolo sui banchi, o quasi! W. è ancora un ragazzino quando incontra Panna, professoressa di inglese. Pietra preziosa. Questo è il nome di colei che gli trasmetterà il gusto del viaggio e del diverso. W. si butta a capofitto nell’apprendimento dell’inglese. E’ un ragazzo molto curioso, dal fisico minuto ma lo spirito vivace. Il suo unico difetto, la giovinezza. La sua ingenuità sarà infatti responsabile della sua rovina.  
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Un amico gli parla di una terra promessa dove tutto è possibile. Questo « Eldorado »  si chiama Libia. W. si sorprende a sognare una vita migliore. La decisione è presa, partirà, deve solo riunire i fondi sufficienti. Tutti i suoi vicini partecipano. Il suo viaggio sarà un’impresa collettiva ma il suo destino solitario. 

Per il giovane uomo di 17 anni l’avventura comincia. Prende l’aereo per la prima volta. All’aeroporto, viene condotto insieme ad altri passeggeri in una stanza scura ed isolata. Degli uomini li aspettano con dei cartelloni. W. deve prendere un autobus diretto ad Al Zawiyah, una città situata nel nord-ovest del paese, sulla costa mediterranea. è qui che scatta la trappola. Il ragazzino di Manipur comincia una vita molto lontana da quello che gli era stata promessa. Scopre con orrore la realtà della schiavitù moderna in tutta la sua violenza. W. lavora 13 ore al giorno, senza essere pagato. I suoi carcerieri gli danno appena da mangiare. In questa casa è ridotto al silenzio, allo stato di un animale. Ma non ha più nulla da perdere, già non è più nessuno. Allora piange. « Dove sono finiti i miei soldi? Dov’è il mio passaporto? ». Nessuna risposta.

Fugge, la paura gli attanaglia il ventre. Impossibile lasciare la Libia via terra, sceglie così il mare. Sono le 10:30 quando Wahid arriva sul ponte di la Aquarius. Un’ora più tardi, il vento soffia nelle orecchie dei sopravvissuti, le onde si infrangono con più violenza, il mare diventa capriccioso. Hanno scampato il peggio. Senza i soccorritori di la Aquarius, il loro canotto non ce l’avrebbe mai fatta. Si chiama Wahid e vivrà.

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Testo: Perrine Baglan

Traduzione: Flavia Citrigno

Ph: Laurin Schmid/SOS MEDITERRANEE

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