I 223 naufraghi soccorsi mercoledì 11 maggio, hanno trascorso la loro seconda notte a bordo dell’Aquarius, prima di andare verso il loro nuovo destino che avrà inizio in Calabria (Italia), dove l’Aquarius li sbarcherà nel porto di Crotone venerdì prossimo.
All’indomani del salvataggio, all’interno del grande locale dove sono raggruppati uomini, donne e bambini in cattive condizioni, solamente Boubakar, quattro anni, Fajalla, due anni e mezzo, e Ali, due anni, sprizzano energia e si agitano fra i corpi, allungati sotto le coperte e decisamente segnati dalle lunghe ore trascorse in mare. Si stanno lentamente ristabilendo non solo dalla loro pericolosa traversata, ma soprattutto dai tanti anni o mesi di calvario vissuto in Libia.
“La Libia è gravemente malata”, ripete Youssef, un giovane ivoriano.
I racconti sono sempre gli stessi: razzismo, sfruttamento, estorsioni, rapimenti, schiavitù, stupri, brutalità, aggressioni armate….
“Ho lasciato l’inferno e su questa nave, sono già in Paradiso”, ci assicura.
Un altro rincara la dose: “E’ un disastro, è pietoso signora. Veniamo venduti e poi comperati per farci lavorare nei campi o nei cantieri. Abbiamo visto donne costrette a prostituirsi, pure gli uomini vengono stuprati”.
Ci racconta anche degli ultimi giorni prima della traversata sui gommoni: “Siamo stati rinchiusi in un bunker per cinque giorni, senza poter uscire. Dovevamo urinare in una bottiglia e ci davano da mangiare un biscotto in tre. Mi schiaffeggiavano su di una guancia e poi sull’altra, mi percuotevano con un bastone o a calci. Uno scafista ha preso della sabbia e me l’ha buttata negli occhi.”
Vedendo, proprio alla partenza, il gommone un pò bucato e alquanto sgonfio, molti hanno paura a partire.
“Che tu lo voglia o no, sei obbligato a salire. Un amico ha cercato di fuggire, gli hanno sparato e non lo abbiamo più rivisto.”
Ancora, molti sopravvissuti raccontano che durante tutta la traversata hanno cercato di tamponare l’acqua con i loro abiti, fino all’arrivo dei soccorsi.
Antonio Laurent, uno dei soccorritori, conferma: “C’era dell’acqua sul fondo del gommone. Alcuni migranti mi hanno detto che solo scorgendo l’aereo, le persone hanno smesso di piangere.
Quest’aereo è un ricognitore militare europeo che ha segnalato la posizione del gommone al Centro di Soccorso Marittimo di Roma, il quale ha rilanciato l’informazione alle navi presenti in zona. Fra queste la piccola nave della ONG Sea Watch che era la più vicina e che ha potuto distribuire ai naufraghi i giubbotti di salvataggio prima dell’arrivo dell’Aquarius. La nostra nave ha poi potuto evacuare i migranti e trasferirli a bordo”.
Nel locale a bordo e sul ponte posteriore dove sono raggruppati gli uomini, molti si lamentano per il male alla gola o al petto, per dolori alle articolazioni, senza dimenticare la nausea da mal di mare.
“Nel gommone, appena ho bevuto un pò d’acqua, ho cominciato a vomitare” è il racconto di un sopravvissuto.
Va detto che questo pomeriggio, un vento a forza 7 e con delle onde alte tre metri, scuotono la nave. Tutti sono in condizioni fisiche precarie: solo qualche analgesico riesce a sollevarli.
“Questi sintomi, detti “dolori fisici generalizzati”, rispecchiano generalmente il loro stato di disagio psicologico ed il bisogno di essere accuditi” ci dice il medico di MSF, Erna Rijnierse.
“Spesso è per loro l’unico modo di esprimere il loro stato d’impotenza ed il fatto che stanno male, soprattutto quando si rendono conto che sono riusciti a sfuggire alla morte nonostante il mare tanto agitato. Su questa nave è anche una delle rare occasioni in cui hanno potuto ricevere dopo tanto tempo delle cure mediche”.
E’ così che tutta l’équipe dell’Aquarius s’impegna per portare conforto in ogni modo possibile, prima che i migranti che presto ci lasceranno affrontino le incognite in terra d’Europa.
Nagham Awada
Traduzione: Ferruccio Frigerio
Photo Credit: Giorgos Moutafis