Skip to main content

IL CONTESTO

Nel febbraio del 2023, dopo due anni di degrado generale della situazione politica e socio-economica in Tunisia, il presidente tunisino Kaïs Saïed ha fatto una dichiarazione allarmante che incriminava gli africani sub-sahariani. Il suo discorso ha amplificato i sentimenti razzisti esistenti in una certa parte della popolazione e ha innescato un aumento delle discriminazioni, degli attacchi violenti e delle espulsioni collettive. In seguito a questi eventi, la situazione è andata peggiorando per gli stranieri dell’Africa nera in Tunisia.
All’inizio del mese di luglio 2023, sono stati segnalati accoltellamenti, lanci di pietre e scontri violenti tra africani subsahariani e residenti di Sfax, la seconda città della Tunisia. Come descritto dai media, è iniziata “una vera e propria caccia all’uomo nero”.

In un rapporto del luglio 2023, Human Rights Watch ha affermato che la Tunisia non è un luogo sicuro per gli stranieri neri africani, che negli ultimi mesi sono stati sottoposti a “pestaggi”, “detenzioni arbitrarie” e “furti di denaro e oggetti personali” da parte delle autorità tunisine. Nelle stazioni di polizia, alcune vittime sono state sottoposte a “scosse elettriche” e ad “arresti arbitrari basati sul colore della pelle”.

Respingimenti forzati di stranieri dell’Africa nera sulla terraferma, lungo e attraverso i confini del Paese con l’Algeria e la Libia, sono stati segnalati negli ultimi anni e sono aumentati negli ultimi mesi.

Nel luglio 2023, le forze di sicurezza tunisine hanno radunato a Sfax centinaia di persone provenienti dall’Africa subsahariana, tra cui bambini, e li hanno abbandonati in una terra di nessuno tra il confine tunisino e quello libico, dove sono rimasti intrappolati senza cibo né acqua.

Inoltre, nell’ottobre 2023 Human Rights Watch ha riferito che oltre 100 persone provenienti da diversi Paesi africani, intercettate in mare e riportate in Tunisia dalla Guardia Costiera, sono state espulse collettivamente al confine con l’Algeria nel settembre 2023.
Inoltre, le guardie costiere tunisine, che gestiscono i potenziali sbarchi e trasferimenti, sono state segnalate come violente, mettendo ulteriormente a rischio la vita delle persone in difficoltà in mare, secondo i rapporti di Human Rights Watch.

Una giovane coppia della Costa d’Avorio, che ha vissuto e lavorato in Tunisia per due anni, ha riferito che le tensioni razziste hanno recentemente reso loro impossibile lavorare o trovare un posto sicuro dove vivere in Tunisia.

Un uomo di 27 anni che ha lavorato in Tunisia per quattro anni ha riferito al nostro team di essere stato costretto a fuggire a causa dell’attuale situazione del Paese. Ha spiegato che i neri venivano espropriati, picchiati, feriti o addirittura uccisi e che le donne venivano violentate. Non era più possibile trovare un posto sicuro dove vivere o lavorare, né essere ascoltati dalla polizia. Era impossibile chiedere giustizia, perché nessuno li ascoltava.

Un sopravvissuto ha raccontato di essere stato cacciato da casa sua durante la notte e deportato nel deserto con il fratello e il cugino, che alla fine sono morti. Un altro ha raccontato di essere stato attaccato con un machete da civili solo perché “è nero”. Un altro sopravvissuto ha presentato lesioni dopo essere stato picchiato dietro la testa, causando una riduzione della vista.

L’équipe medica a bordo dell’Ocean Viking ha osservato frequenti tipi di lesioni specifiche tra i sopravvissuti partiti dalla Tunisia. Diversi sopravvissuti hanno presentato lesioni agli arti inferiori causate da attacchi con pezzi di legno appuntiti. Le ferite avevano un aspetto piuttosto insolito, e i sopravvissuti hanno consultato il nostro team medico perché erano ancora dolorose o perché temevano che ci fosse ancora del legno. Tutti i casi riportati riguardavano uomini provenienti dal Camerun e dalla Costa d’Avorio.
Un’altra persona che si trovava in Tunisia ha raccontato alla nostra troupe che se i tassisti fossero stati visti con dei subsahariani nelle loro auto, avrebbero rischiato la prigione, e che l’accesso a beni di prima necessità come le carte SIM non è consentito. Ha descritto un clima di “caccia all’uomo” in cui i civili che volevano fornire aiuto sarebbero stati denunciati anche dai loro vicini.
Alcuni sopravvissuti hanno riferito di aver tentato più volte di fuggire dalla Tunisia via mare. Alcuni di loro hanno raccontato alla nostra troupe di aver assistito a naufragi e di aver visto corpi galleggiare nell’acqua vicino alla spiaggia e anche più tardi durante il viaggio. Hanno riferito di aver visto dei pesci mangiare questi corpi morti.

Alcune persone hanno anche raccontato di essere state intercettate dalla guardia costiera tunisina o avvicinate da pescatori che hanno effettuato manovre pericolose
per rubare il motore dell’imbarcazione su cui stavano cercando di fuggire.

ANALISI GIURIDICA

Secondo le Linee guida del 2004 sul trattamento delle persone soccorse in mare, si ritiene che un salvataggio termini con lo sbarco dei superstiti in un “luogo sicuro” (6.12).
Lo stesso regolamento ritiene che un luogo sicuro sia un luogo in cui “la sicurezza della vita dei sopravvissuti non è più minacciata e in cui i loro bisogni umani fondamentali (come cibo, riparo e necessità mediche) possano essere soddisfatti”. Include anche la “necessità di evitare lo sbarco in territori in cui la vita e la libertà di coloro che affermano di avere un fondato timore di persecuzione sarebbero minacciate”. Fa inoltre riferimento al divieto di rimpatriare i sopravvissuti in “un luogo in cui vi siano fondati motivi di ritenere che la persona rischi di essere sottoposta a tortura”, nonché di proteggerli dal respingimento diretto o indiretto.
Come descritto nelle testimonianze precedenti, la violenza fisica, la discriminazione, gli arresti arbitrari e la messa in pericolo in mare possono essere considerati atti di maltrattamento e tortura. Per questo motivo, in Tunisia, la sicurezza della vita delle popolazioni subsahariane non può più essere garantita.

Inoltre, gli spostamenti forzati verso le frontiere attraverso il deserto e l’aumento delle intercettazioni delle popolazioni subsahariane in Tunisia si qualificano come violazioni del principio di non respingimento, sancito dal diritto internazionale, in quanto si applica a tutte le forme di espulsione, indipendentemente dalla nazionalità o dallo status migratorio.

CONCLUSIONE

Come si evince dal contesto appena descritto, la Tunisia non possiede i requisiti legali per essere considerata un Porto Sicuro in cui far sbarcare le persone soccorse in mare. 

 

PER LEGGERE IL DOCUMENTO COMPLETO: POSITION PAPER TUNISIA

FOTO DI: Stefano Belacchi / SOS MEDITERRANEE