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Domenica 24 agosto intorno alle 3 del pomeriggio, una motovedetta libica si è avvicinata alla Ocean Viking e ha iniziato a sparare senza preavviso per una ventina di minuti esplodendo centinaia di colpi anche ad altezza uomo: l’attacco, gravissimo e ingiustificato, non ha precedenti. 

A bordo si trovavano 87 persone soccorse in due diverse operazione tra il 23 e il 24 agosto, oltre al team di SOS MEDITERRANEE. La Ocean Viking si stava dirigendo verso un terzo caso segnalato dalle autorità quando l’imbarcazione libica si è avvicinata e ha attaccato la nave. Ecco le testimonianze di chi era a bordo quel giorno.

LUCILLE, COMMS COORDINATOR: “ERO TERRORIZZATA”

“Quando sono arrivata sul ponte, chiamata dal coordinatore SAR, una motovedetta della guardia costiera libica si stava avvicinando a tutta velocità. Sono uscita con il binocolo per controllare l’imbarcazione che aveva avvistato e pochi minuti dopo il coordinatore SAR ci ha chiesto di rientrare perché si stavano avvicinando rapidamente: internamente è stato attivato il livello di sicurezza 1.
Ho sentito il coordinatore SAR chiamare via radio la squadra e chiedere loro di mettere al riparo le persone soccorse e di rimanere all’interno. Il coordinatore SAR stava parlando via radio con la guardia costiera libica, potevo sentirli dire “fuori, fuori, fuori”. Il coordinatore SAR continuava a rispondere che stavamo andando verso un caso di emergenza e che le loro autorità ne erano a conoscenza.
In quel momento, mi sono avvicinata alla finestra sul lato di dritta con il mio binocolo e ho visto due uomini armati che ci puntavano contro. Non ero sicura di ciò che stavo vedendo, quindi ho iniziato a regolare il binocolo per essere sicura prima di allertare l’equipaggio. Mentre iniziavo a regolarlo, ho sentito un proiettile colpire la porta accanto a me.
Qualcuno ha detto “stanno sparando”. Mi sono buttata a terra e ho lasciato cadere la macchina fotografica. Ero terrorizzata perché mi trovavo proprio davanti alle finestre e pensavo: “E se i proiettili le attraversassero?”.
Hanno ricominciato a sparare. Quando hanno smesso, sono saltata nel corridoio, quasi sopra il mio collega, per proteggermi dai proiettili. Ho cercato di nascondermi sotto il tavolo, ma non ci sono riuscita. Hanno ricominciato a sparare. Qualcuno ha urlato: “Sdraiati a terra”. Mi sono sdraiata completamente sul pavimento”.

JOHN (supporto al team di comunicazione): “ABBIAMO SENTITO DEGLI IMPATTI SULLO SCAFO MOLTO VICINI A NOI”

“Mi trovavo all’estremità del ponte, mi stavo occupando dei sopravvissuti. Improvvisamente, abbiamo ricevuto via radio l’informazione che la guardia costiera libica si stava avvicinando ad alta velocità nella nostra direzione e che il livello di sicurezza era stato immediatamente portato a Livello 1.

Abbiamo quindi chiuso le tende sul retro del ponte in modo che la guardia costiera non potesse vedere gli 87 sopravvissuti. Dopo essermi assicurato che nessuno fosse visibile, sono rimasto davanti alla porta del rifugio degli uomini. Stavo parlando con Andrea, la responsabile del team di protezione, quando lei ha detto di vedere la barca libica. Mi sono girato e, in effetti, erano molto vicini. Ci siamo assicurati che i sopravvissuti non guardassero fuori dai finestrini e che nessuno si muovesse sul ponte.

Poi, all’improvviso, abbiamo sentito uno sparo in lontananza. Non sono abituato a sentire spari. Ci siamo guardati l’un l’altro, poi abbiamo guardato di nuovo la barca che si avvicinava. È partito un secondo sparo, che ha colpito la nostra nave; abbiamo sentito l’impatto sul metallo. Abbiamo immediatamente chiamato tutti i sopravvissuti affinché entrassero nel rifugio degli uomini e si mettessero al riparo.

La nave libica continuava ad avvicinarsi e a sparare. Abbiamo detto a tutti di sdraiarsi. I sopravvissuti sembravano meno in preda al panico di noi; abbiamo dovuto insistere affinché si sdraiassero.

La nave libica ci ha poi superato da dietro, passandoci molto vicino e continuando a sparare. Abbiamo sentito degli impatti sullo scafo molto vicini a noi. Attraverso il finestrino, abbiamo potuto vedere la loro bandiera mentre ci circondavano, sparando colpi singoli e raffiche contro la nave e le motovedette di soccorso.

L’allerta è stata portata al livello 2. Avremmo dovuto trovarci nelle stanze di alloggio e lasciare i sopravvissuti nel rifugio degli uomini, ma ciò non era possibile. Andrea ha comunicato via radio che tre di noi erano nel rifugio e che i libici erano troppo vicini e visibili per poterci muovere. Ci è stato ordinato di rimanere giù e di non muoverci fino a ulteriori istruzioni. Hanno continuato a sparare.

Poco dopo, abbiamo ricevuto l’allerta di livello 3: tutti dovevano rifugiarsi nella cittadella della nave, il luogo di rifugio in caso di attacco. Andrea ha riferito che non potevamo obbedire, che eravamo bloccati nel rifugio degli uomini. Ci è stato detto di nuovo di rimanere giù fino a nuove istruzioni. Abbiamo aspettato, mantenendo i sopravvissuti calmi e sdraiati. Alla fine, abbiamo ricevuto l’ordine di correre immediatamente all’interno della nave e raggiungere la cittadella.

Siamo corsi fuori dal rifugio (lasciando tutti i sopravvissuti all’interno, come previsto dal protocollo di allerta di livello 3) attraverso il ponte verso l’ingresso degli alloggi, ma la nave libica è apparsa proprio davanti a noi. Ci siamo gettati a terra per evitare di essere colpiti, poi siamo entrati strisciando uno alla volta. Una volta dentro, siamo riusciti a raggiungere la cittadella con il resto della squadra, aspettando che il ponte confermasse che eravamo al sicuro, poiché i libici se n’erano andati”.

PATRICK – (membro del team di ricerca e soccorso) “I PRIMI COLPI ERANO SINGOLI, POI RAPIDI, COME QUELLI DI UNA MITRAGLIATRICE”

“Non ricordo se ho sentito prima la chiamata radio o gli spari.
I primi colpi che ho sentito erano singoli, poi rapidi, come quelli di una mitragliatrice.
È stato dichiarato il livello di sicurezza 2, il che significa che, se fosse stato sicuro farlo, tutto l’equipaggio avrebbe dovuto rifugiarsi nella sala diurna all’interno della sovrastruttura della nave. Dato che per arrivarci dovevamo attraversare il ponte scoperto, abbiamo annunciato via radio che ci stavamo rifugiando nella nostra cabina, il Blue Container, situato sul ponte superiore, separato dalla sovrastruttura della nave.

Ricordo di aver detto qualcosa del tipo: “Almeno non stanno sparando alla nave”, poi ho sentito il rumore dei proiettili che colpivano la nave in vari punti.
AJ ha appoggiato il suo telefono sul telaio della finestra in modo da poter vedere fuori attraverso la sua fotocamera, pur rimanendo nascosti sul pavimento.
Potevamo vedere bene il mezzo libico, molto vicino alla nostra sinistra. Erano visibilmente armati e stavano sparando. A causa delle dimensioni ridotte dello schermo, non riuscivo a distinguere dettagli come il tipo di armi o la direzione esatta di mira, ma potevo sentire i proiettili che colpivano la nave.
È stato annunciato il livello di sicurezza 3 e la voce del nostro SARCO (coordinatore del team di ricerca e soccorso), Angelo, sembrava in preda al panico. In seguito ho scoperto che erano sotto tiro sul ponte.
Li abbiamo informati che non potevamo dirigerci alla cittadella e che saremmo rimasti al riparo sul posto.
Il SARCO ha sottolineato con urgenza che tutto l’equipaggio doveva recarsi alla cittadella. In seguito ho saputo che temevano un abbordaggio forzato e ulteriori violenze nei nostri confronti.
Arrivato alla cittadella, ho notato che alcuni membri dell’equipaggio, ma non tutti, erano stati radunati. Poi sono stati dichiarati i livelli di sicurezza 2 e 1 e, infine, tutti i livelli di sicurezza sono stati revocati.
Attrezzature come i galleggianti a ferro di cavallo sul ponte e sulla piattaforma del RHIB e le barelle Flexi presentavano fori di proiettile.
Ho lavorato su questo RHIB per oltre tre anni e l’ho visto salvare molte vite. Vederlo ora sottoposto a violenze di questo tipo è stato incredibilmente straziante: era appoggiato allo scafo dell’Ocean Viking, pronto a eseguire il salvataggio, ma ora era sgonfio e afflosciato”.