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Sunlight*, 24 anni, è stata salvata dalle squadre di Ocean Viking a Gennaio da un gommone sovraffollato che stava imbarcando acqua, nella regione libica di ricerca e soccorso. La guerra nel suo Paese l’ha condotta in Libia, dove è stata rinchiusa in vari centri di detenzione e brutalizzata. Ha deciso di fuggire dall’“inferno libico” attraversando il mare nella speranza di trovare un futuro migliore.

“Per andare a scuola, dobbiamo fare molti sforzi. Otteniamo il primo diploma, poi il diploma universitario e così entriamo nel mercato del lavoro. Ma a causa della guerra… questo non è possibile. Il nostro Paese è in condizioni drammatiche. Non abbiamo una casa, non abbiamo nulla nel nostro Paese.

Non possiamo restare lì e per questo abbiamo dovuto lasciare il Sudan.  Quando siamo arrivati in Libia, siamo rimasti a Tripoli e abbiamo lavorato. Ho tenuto i soldi in una borsa. Io e il mio ragazzo siamo riusciti a pagare l’affitto e a comprare da mangiare. Poi ho risparmiato dei soldi e qualcuno mi ha aiutato.  

Sono arrivata in Libia e ora, grazie a Dio, sono sana e salva. Si..abbiamo paura del mare, ma non della morte. La morte di per sé non ci spaventa. Abbiamo solo paura di essere presi dalla polizia. Non voglio andare in prigione [centro di detenzione]**. Se muoio? Non c’è problema, è la volontà di Dio. Ma non voglio andare in prigione. La prigione non serve a niente. Se ti prendono, non ti lasciano più uscire. Le guardie ti dicono che ti libereranno, ma non ti faranno uscire. Hanno il fuoco, bruciano le persone lì, poi sparano perché non hanno i soldi per pagare.

Hanno il fuoco, bruciano le persone lì, poi sparano perché non hanno i soldi per pagare.

Se non paghi, non ti lasciano andare.

Dicono che è la stessa cosa in ogni prigione. Onestamente, non è giusto. Siamo solo una ragazza come tante.”

* Il nome di questa sopravvissuta è stato cambiato per preservarne l’anonimato.

** Le persone che salviamo di solito si riferiscono ai centri di detenzione libici, sia ufficiali che clandestini, come “prigioni”