L’azione delle navi ONG è illegale.
Falso. L’azione delle ONG in mare come SOS MEDITERRANEE è legale… e vitale.
SOS MEDITERRANEE ha sempre operato nel rigoroso rispetto del diritto marittimo e internazionale.
La sua azione si inserisce in un quadro giuridico preciso e in una lunga tradizione marittima. Le sue operazioni di ricerca e salvataggio in acque internazionali si basano sull’obbligo imposto a tutti i Comandanti di qualsiasi nave di fornire immediata «assistenza ad ogni persona in pericolo in mare. Esse fanno ciò senza tener conto della nazionalità o dello status di detta persona, né delle circostanze nelle quali è stata trovata.» (Convenzione SAR art.2.1.10), e sbarcarle in Luogo sicuro entro un tempo ragionevole. Diverse convenzioni internazionali definiscono gli obblighi di salvataggio in mare, tra cui:
- Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare (SOLAS) – 1974
- Convenzione internazionale sulla ricerca e il salvataggio in mare (SAR) – 1979
- Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) – 1982
- Linee guida sul trattamento delle persone soccorse in mare – Risoluzione MSC 167(78) dell’IMO – 2004
La Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare (Convenzione SOLAS) del 1974 stabilisce che: “il comandante di una nave in mare che sia in grado di prestare assistenza quando riceve da qualsiasi fonte l’informazione che delle persone sono in pericolo in mare, è tenuto a procedere con la massima sollecitudine alla loro assistenza, informando, se possibile, le persone stesse o il servizio di ricerca e salvataggio che la nave sta procedendo in tal senso.” (Reg. 33 art. 1, Conv. SOLAS). Quando viene avvistata un’imbarcazione in difficoltà, ogni comandante deve, per quanto possibile, riferire la questione al Centro di coordinamento di soccorsi marittimo (MRCC) responsabile della regione di ricerca e soccorso in cui si trova l’imbarcazione. L’MRCC è responsabile del coordinamento dei soccorsi, della designazione dell’imbarcazione o delle imbarcazioni responsabili del soccorso e del luogo sicuro in cui far arrivare i sopravvissuti. In conformità a questa procedura, SOS MEDITERRANEE informa sistematicamente le autorità marittime in tutte le fasi delle operazioni di ricerca e soccorso.
Non è responsabilità dei cittadini effettuare salvataggi.
Falso. L’assistenza alle persone in pericolo è un dovere di tutti i capitani.
Ogni comandante di una nave ha non solo il dovere morale, ma anche l’obbligo legale di “prestare assistenza a qualsiasi persona trovata in mare e in pericolo di essere perduta in mare”, nella misura in cui “può farlo senza grave pericolo per la nave, l’equipaggio o i passeggeri della sua nave e le persone che si trovano a bordo” (Convenzione internazionale sull’assistenza, 1989).
Gli Stati sono responsabili del coordinamento delle operazioni di ricerca e salvataggio (SAR) nelle acque internazionali. Pertanto, “Ogni Stato costiero promuove la costituzione e il funzionamento permanente di un servizio adeguato ed efficace di ricerca e soccorso” (art. 98 UNCLOS). Tuttavia, ciò non significa necessariamente che tutte le operazioni di salvataggio debbano essere condotte da navi di Stato. A seconda delle circostanze, i Centri nazionali di coordinamento di soccorso marittimo possono avere la necessità di contattare una nave della marina mercantile o qualsiasi altra imbarcazione privata che si trovi nelle vicinanze di un’imbarcazione in difficoltà e ordinarle di prestare assistenza.
La fine dell’operazione italiana Mare Nostrum, non essendo stata sostituita da un’altra operazione di soccorso europea, ha lasciato un grande vuoto a livello di soccorso in mare nel Mediterraneo centrale. L’operazione Mare Nostrum, condotta dalla Marina Militare italiana tra il 2013 e il 2014, ha salvato più di 150.000 persone e la sua cessazione ha portato a un aumento senza precedenti del numero di naufragi. Di conseguenza, dal 2014, il Mediterraneo centrale è diventato la rotta migratoria marittima più letale al mondo. SOS MEDITERRANEE considera questa situazione inaccettabile e ritiene che anche la società civile abbia una responsabilità: per questo interviene per cercare di ridurre il numero di morti in mare.
La presenza delle navi delle ONG incoraggia un maggior numero di persone ad attraversare il mare.
Falso. Le violenze e gli abusi documentati in Libia spingono i sopravvissuti a fuggire via mare quando il tempo lo permette.
L’idea che la presenza di navi ONG di ricerca e soccorso incoraggi le partenze dalla Libia, comunemente chiamata “teoria del pull factor” (fattore di attrazione), è regolarmente confutata da fatti e studi scientifici.
Le persone intrappolate in Libia fuggono perché vivono in condizioni disumane, indipendentemente dalla presenza di navi di soccorso nelle acque internazionali al largo della Libia.
Rapporti dell’Università di Oxford, dell’Università di Londra, dell’Istituto Universitario Europeo di Firenze e dell’Istituto Italiano per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) hanno dimostrato che non esiste un nesso causale tra le traversate nel Mediterraneo centrale e la presenza di navi di soccorso delle ONG che si occupano di Search and Rescue. Lo dimostrano anche diversi esempi concreti: dopo l’interruzione dell’operazione di salvataggio Mare Nostrum nel 2014, il numero di partenze e arrivi in Italia non è diminuito. Al contrario, è aumentato, così come il numero di morti: 3.165 persone morte nel 2014 secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), 3.232 nel 2015. Più recentemente, l’Istituto italiano per gli studi di politica internazionale (ISPI), “Migration and the Myth of the Pull-Factor in the Mediterranean“, mostra che tra il 1° gennaio 2019 e il 24 febbraio 2020, c’è stato quasi lo stesso numero di partenze registrate quando le navi delle ONG di ricerca e soccorso pattugliavano al largo delle coste libiche (52,0 partenze al giorno) rispetto a quando non erano presenti mezzi di ricerca e soccorso nell’area (52,3 partenze al giorno).
Nel novembre 2022, Matteo Villa dell’ISPI ha pubblicato che nei primi quattro mesi e mezzo del 2021 il numero medio di persone partite ogni giorno dalle coste libiche è di 125 con la presenza di ONG nell’area SAR di ricerca, e soccorso del Paese nordafricano e 135 senza. https://ilmanifesto.it/il-mistero-del-rapporto-di-frontex-sul-pull-factor-citato-dal-governo
Sono soprattutto le condizioni meteorologiche in mare a influenzare i tempi di partenza delle imbarcazioni dalle coste libiche, seguite dalle fluttuazioni della situazione della sicurezza e dagli scontri in Libia.
Tra il 2014 e il 2022, secondo i dati dell’OIM, oltre 20.0001 persone sono morte nel Mediterraneo centrale. Sarebbe disumano e cinico non salvare le persone in difficoltà in mare con il pretesto di dissuadere altri dal tentare la fuga.
I sopravvissuti dovrebbero essere riportati in Libia.
Falso. Riportare i sopravvissuti in Libia è illegale e pericoloso.
Il diritto marittimo internazionale vieta lo sbarco di persone soccorse in mare in Libia, in quanto non può essere considerato un “luogo sicuro”.
Secondo la risoluzione MSC.155(78) (emendamento del 2004 alla Convenzione SAR del 1979), un salvataggio non è completo finché i sopravvissuti non sono stati sbarcati in un “luogo sicuro”, ovvero un luogo in cui “la sicurezza della vita dei sopravvissuti non è più minacciata e in cui i loro bisogni umani fondamentali (come cibo, riparo e necessità mediche) possono essere soddisfatti”.2 Come riconosciuto dal Consiglio d’Europa3, dalle Nazioni Unite4 e dalla Commissione Europea5, questi criteri non sono soddisfatti in Libia. Le persone intrappolate in Libia subiscono violenze inimmaginabili. Quasi tutti i sopravvissuti che sono fuggiti da quello che chiamano “l’inferno libico” e che sono stati salvati da SOS MEDITERRANEE riferiscono di scene di punizioni corporali, estorsioni, ripetuti arresti arbitrari, lavoro forzato e violenza sessuale. Queste violazioni dei diritti umani su larga scala sono documentate anche da altre organizzazioni come Amnesty International e Human Rights Watch.
Sbarcare i sopravvissuti in Libia sarebbe quindi una violazione del diritto marittimo internazionale e del principio di non-refoulement, non respingimento, un principio fondamentale del diritto dei rifugiati.
Le navi umanitarie stanno raccogliendo persone direttamente in Libia. Falso. La Ocean Viking soccorre imbarcazioni in difficoltà in acque internazionali.
La nostra nave non entra mai nelle acque territoriali libiche (una zona che si estende a 12 miglia nautiche dalla costa – più di 22 chilometri) o nel territorio. Pattugliamo sempre in acque internazionali al largo della Libia.
Tutte le navi che navigano in mare, ad eccezione delle navi militari, hanno l’obbligo di avere sempre acceso il trasponder, un apparecchio chiamato AIS (Automatic Identification System, Sistema di Identificazione Automatica). Questo sistema automatico per lo scambio di messaggi radio VHF consente alle navi e ai sistemi di monitoraggio del traffico di conoscere l’identità, lo stato, la posizione e la rotta delle imbarcazioni. L’AIS è utilizzato per la sicurezza della navigazione ed è progettato per essere in grado di fornire automaticamente informazioni sulla nave ad altre navi e alle autorità costiere. Tutte le informazioni fornite dall’AIS sono pubblicate su siti web open-source.
La Ocean Viking ha sempre rispettato questo obbligo e la sua posizione è registrata costantemente dal suo AIS di bordo.
Le navi delle ONG facilitano l’azione dei trafficanti di esseri umani Falso. Le navi delle ONG rispondono a una situazione umanitaria urgente in mare e salvano vite umane!
Le persone che tentano la traversata in mare fuggono da strazianti violazioni dei diritti umani in Libia: detenzione arbitraria, violenza fisica, estorsione, lavoro forzato e sfruttamento sessuale, tra le altre cose. Di fronte a queste condizioni di vita disumane, molti non hanno altra scelta che fuggire via mare, indipendentemente dal costo della traversata e nonostante il rischio di perdere la vita. L’unica soluzione è affidarsi ai trafficanti. La presenza delle ONG non ha alcun ruolo in questa decisione. Il contesto politico e sociale della Libia crea un mercato per i trafficanti.
L’accusa di collusione è grave e diffamatoria: l’azione delle ONG di ricerca e soccorso non è la causa, ma una risposta di emergenza alla tragedia della crisi umanitaria che si sta consumando nel Mediterraneo.
Le ONG come SOS MEDITERRANEE lavorano con gli scafisti.
Falso. Ogni operazione di ricerca e salvataggio di SOS MEDITERRANEE avviene in totale trasparenza con le autorità marittime competenti: lo testimoniano i giornalisti indipendenti a bordo.
SOS MEDITERRANEE avvia un’operazione di ricerca e soccorso dopo aver avvistato un’imbarcazione in difficoltà con il binocolo o il radar; dopo aver ricevuto istruzioni dalle autorità marittime competenti o dopo aver ricevuto informazioni su una situazione di pericolo, sempre dalle autorità marittime, da un’altra imbarcazione, da un aereo o altri strumenti. Le autorità marittime competenti vengono informate sistematicamente dal personale e dal comandante della Ocean Viking in ogni fase dell’operazione, dalla ricerca attiva alla fine dell’operazione di salvataggio. Tutte le operazioni di SOS MEDITERRANEE in mare e tutte le interazioni con altri attori, come i Centri di coordinamento soccorsi, sono riportate in tempo quasi reale, in modo obiettivo, fattuale e trasparente, sul sito web onboard.sosmediterranee.org. Inoltre, in ogni missione, diversi giornalisti indipendenti salgono a bordo e possono riferire su tutto ciò che accade in mare.
Non tutte le imbarcazioni soccorse sono in pericolo.
Falso. Imbarcazioni inadeguate, sovraffollate, senza cibo, acqua e carburante sufficienti: una situazione che richiede assistenza immediata.
Il tipo di imbarcazioni che le navi delle ONG incontrano nel Mediterraneo centrale sono inadeguate alla navigazione, fin dal momento in cui lasciano le coste libiche.
Secondo il diritto marittimo, una situazione di pericolo è definita da: la capacità di navigare dell’imbarcazione, la probabilità che raggiunga o meno la destinazione finale, il numero di persone a bordo in relazione al tipo e alle condizioni dell’imbarcazione, la disponibilità di carburante, acqua e cibo, la disponibilità di attrezzature di sicurezza, navigazione e comunicazione e il loro stato di funzionamento, la presenza di persone che necessitano di assistenza medica, persone decedute, donne incinte o bambini a bordo, le condizioni meteorologiche e del mare.
6 Le imbarcazioni soccorse da SOS MEDITERRANEE, di legno o tubi di gomma assemblato con assi, sono sistematicamente sovraffollate. Estremamente fragili o in cattive condizioni, sono inadatte alla navigazione. Per questo motivo, SOS MEDITERRANEE hanno messo a punto procedure e tecniche molto precise per il “salvataggio di massa” in mare aperto: queste imbarcazioni possono rovesciarsi o sgonfiarsi in qualsiasi momento, ad esempio al minimo movimento delle persone a bordo. Queste imbarcazioni sono quindi “in pericolo” anche se non stanno affondando o se il motore funziona nel momento dell’avvistamento.