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L’Aquarius è in viaggio verso il porto di Valencia. Molte persone sono sul ponte a guardare l’orizzonte. Sullo sfondo c’è chi dorme, chi lava la biancheria e chi gioca a dama su una scacchiera autocostruita. La situazione sembra più calma degli ultimi giorni anche se i naufraghi che abbiamo soccorso sono esausti. Molti continuano a chiedere «quando arriveremo?». Sono in mare da molti giorni ormai, prima sui gommoni e poi sulla Aquarius. Dopo i mesi trascorsi nei centri di detenzione in Libia.

I mediatori culturali cercano di capire cosa hanno passato. Raccontano di rapimenti, stupri e torture. Un ragazzo, appena 18 anni, ricorda la notte in cui lo abbiamo soccorso, sabato scorso.

«Eravamo 135 sul gommone. Quando siamo partiti era completamente buio. Nessuno di noi aveva un salvagente. Loro volevano molti soldi da noi, nessuno ne aveva abbastanza. Abbiamo passato almeno 24 ore in mare prima di essere soccorsi da voi. Prima del vostro arrivo, il gommone era quasi pieno di acqua, io ero spaventato. Quando sono finito in mare era freddo e sono rimasto completamente nudo. La gente attorno si aggrappava a qualunque cosa. Ho dovuto combattere per prendere un giubbotto di salvataggio quando li avete lanciati in acqua. Dopo un po’ sono riuscito a prenderne uno. Poi mi avete tirato fuori dall’acqua e portato dal medico. Sono grato a ognuno di voi sulla nave».