Aquarius, domenica 12.02.2017
Bertrand Thiebault, 42 anni, viene dal sud della Francia. Sta completando la sua seconda missione a bordo dell’Aquarius. Appassionato di vela sin dall’infanzia, ha deciso, 4 anni fa, dopo una carriera nell’organizzazione di eventi e nel turismo, di mollare tutto e di riprendere a navigare. Con SOS MEDITERRANEE è riuscito a coniugare la sua passione per il mare ed il suo desiderio di impegnarsi nell’umanitario. Ecco la sua toccante testimonianza di un’esperienza fuori dal comune.
« Venerdì 3 febbraio.
Mezzanotte.
Due operazioni di salvataggio nella giornata che è appena terminata.
Una all’alba, l’altra al tramonto.
Molti bambini da soli, alcune donne e i loro neonati.
La serata passata a perlustrare la notte, tre ore con il binocolo conficcato negli occhi.
Non sono più delle occhiaie quelle che ho, sono delle doppie palpebre gonfie piazzate su orbite scavate.
E’ dal tardo pomeriggio che cerchiamo una barca di legno.
Non si vede un granché.
Non c’è luna e l’umidità offusca la vista.
Abbiamo più probabilità di avvistare la barca solo un attimo prima di passarle sopra piuttosto che riuscire ad individuarla all’orizzonte.
E’ questo quello che teme il capitano.
Teso.
Da qualche parte, nell’oscurità del mare, degli uomini e forse anche delle donne e dei bambini sono dispersi.
Sballottati dalle onde su un guscio di legno.
Li immagino spaventati.
Senza testimoni.
Qualunque cosa accada.
Che vivano o che muoiano.
A chi o a cosa si aggrappano in un momento simile, per rassicurarsi?
A una sull’acqua, un rumore, una speranza, un ipotetico dio?
Due ore di sonno.
Ed un risveglio alle tre del mattino per un’operazione di salvataggio in vista.
Poi seguono altre tre gommoni.
Soccorsi tra l’alba e mezzogiorno.
E, infine, la barca di legno che cercavamo la sera prima.
Una trentina di persone su un guscio di legno di cinque o sei metri.
Un neonato, dei bambini, delle donne e alcuni uomini tra i quali un anziano nonno.
Lo veniamo a sapere più tardi: tra di loro ci sono diverse famiglie palestinesi che non hanno mai visto la loro terra. Scappati in Siria da piccolissimi, poi, con la guerra, si sono rifugiati in Libano, in un campo profughi.
Sopravvivenza tra due fronti.
Sfuggire alle bombe, non avere più paura di morire ogni notte e fare in modo che i nostri figli possano giocare fuori come tutti i bambini del mondo libero.
Queste sono i motivi citati da questi padri di famiglia per la decisione di partire.
Queste spiegazioni arriveranno più tardi.
Ora è il momento del soccorso.
Il guscio di legno beccheggia e minaccia di rovesciarsi quando uno dei passeggeri si alza per salire a bordo da noi.
Siamo tutti tesi.
Una madre di famiglia seduta accanto a me mette i suoi occhi chiari nei miei, mi chiede in lacrime del suo piccolo.
Un neonato? Quale neonato?
Non l’abbiamo visto! Non lo vediamo!
Dov’è?
Qualche minuto di angoscia prima che il bambino non emerga nascosto tra le braccia del padre.
I bambini singhiozzano.
Un uomo piange dalla gioia per il nostro arrivo, prega e ci ringrazia senza sosta.
Trasportiamo sull’Aquarius i primi passeggeri, donne, bambini e il neonato.
Per la prima volta in 36 ore sento l’emozione crescere dentro di me.
Non la trattengo.
Qualche ora più tardi sono circa 800 le persone a bordo, finalmente sane e salve.
In rotta verso un altro mondo, immaginato, sperato, sognato.
Sorridono alla vita.
Anche noi.
“Quando la gioia
Si piange
Negli occhi
Dolci lacrime
Dell’anima
Tu sorridi
Alla madre cuore
Tu preghi
Per i fratelli e le sorelle
Tu ridi
Con l’uomo solo
Che piange
Di gioia”
Testo: Bertrand Thiebault
Traduzione: Francesca Ciardello
Photo credits: Federica Mameli/SOS MEDITERRANEE
L’associazione SOS MEDITERRANEE è interamente finanziata dalla popolazione solidale a livello globale, dall’appoggio della società civile europea!
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