Non sempre i tempi dettati dal mare coincidono con quelli degli uomini.
Da due giorni abbiamo lasciato lo scalo di Lampedusa dove abbiamo sbarcato i nostri 74 migranti sani e salvi.
Acquarius, con tutta la forza dei suoi 2300 kW, si è spinto veloce per tutta la notte in modo d’arrivare alle 6 esatte di mattina nel punto dove i migranti di solito si trovano a circa 20 miglia dalla costa libica.
Tutto invano, purtroppo : mare mosso e vento fortissimo, scoraggiano qualsiasi partenza dei famosi « Zodiac », imbarcazioni che poi non sono dei veri gommoni ma, tutto sommato, dei grossi giocattoli da spiaggia.
Ma, testarda, la nostra nave ha ripreso a pattugliare, da est a ovest, da ovest a est. In serata il Mediterraneo si è tinto di un brutto colore grigio. Stamane la temperatura è scesa fino a meno 14 gradi.
Per partire, i poveri migranti sono costretti a tuffarsi e a nuotare il più in fretta possibile per raggiungere le imbarcazioni ancorate comunque lontano dalla spiaggia.
Ricordo che, appena arrivato a bordo dell’Aquarius, Moussa, un ex calciatore ivoriano, è svenuto. Aveva appena perso i suoi due fratelli. I soldati li avevano falciati sulla spiaggia.
Quando i fuggitivi riescono a salire sui gommoni, sono già terrorizzati, sfiniti e tutti inzuppati.
La notte, il freddo e il vento fanno il resto.
Il mare è crudele. E io m’arrabbio. Aquarius è condannato a girare sull’acqua e talvolta sotto di essa, come quando succede che onde di quattro metri coprano persino gli oblò dando l’impressione di trovarsi dentro una lavatrice.
E si resta lì a guardare le piccole bolle d’aria che volteggiano in superficie, con la strana sensazione di combattere per non annegare.
E le previsioni che annunciano onde addirittura di sei metri!
Già che sono a disagio sul tavolo dove scrivo, tavolo che pare una sedia a dondolo, mi sembra oltretutto di fare su e giù come un ascensore. Bah! Il mare non è un animale domestico.
Tripoli non è una stazione della metropolitana e non si può certo chiedere ai migranti di informarci sul dove e sul quando pensano di arrivare : preferibilmente la sera, poco prima del telegiornale delle venti!
Da una parte la mancanza d’informazioni ci rassicura : nessuna zattera in mare uguale a nessun naufragio. Siamo qui per soccorrere chi annega, non per «fare dei numeri ».
L’equipaggio ci tiene a imbarcare quei disgraziati e soffrono per loro.
Basta ascoltare le storie di Assiz, Moussa, Zenawi … tutti dicono che la Libia è un inferno.
Ogni giorno che passa è una sfida.
E immagino queste persone, accucciate nelle baracche dove gli scafisti le ammassano, guardare il mare, come del resto noi, per sapere quando finirà il loro calvario.
Domani? Sì, forse domani.
Il Mediterraneo dovrebbe calmarsi. La nostra nave è nel posto giusto : siamo quì.
Rabbia sì ma senza disperazione.
E tanto peggio per il telegiornale delle venti !
Aquarius 10 marzo 2016
Jean-Paul Mari
Fonte -> http://www.grands-reporters.com/Journal-de-bord-SOS-MEDITERRANEE.html