Ho appena passato tre ore sul ponte, per il mio turno di guardia. Il radar di bordo non è sufficiente per rilevare piccole imbarcazioni e, in assenza di chiamata di soccorso, bisogna essere sicuri di poter individuare un piccolo peschereccio o un gommone sovraccarico di migranti prima che affondi. Il posto giusto si trova 25 metri al di sopra dell’acqua, sul tetto del ponte del capitano, appena sotto le pale di ventilazione del radar. Da stamattina, l’Aquarius guarda verso nord e, con il motore al minimo, si lascia trasportare verso est dalla corrente e dal vento. Vedo distintamente la costa libica, a 23 miglia [42 km ndt] di distanza e mi sembra di riconoscere i camini di un cementificio enorme che avevo notato mentre facevo un reportage sulla strada tra Tripoli e Misrata. Una buona vedetta divide il suo perimetro in sezioni. Dietro a babordo non vedo nulla. Il mare avvolge onde pesanti orlate di una schiuma perlata che luccica al sole. La sensazione è quella di un volo sopra le nuvole o di contemplare la banchisa antartica che si scioglie in smaglianti blocchi di ghiaccio. A babordo davanti, l’ostacolo è quest’acqua che schiuma in lontananza sotto il vento. Un piccolo triangolo bianco disegna una conchiglia, un cupo brusio abbozza un gommone. E tutto scompare. Era solo un cerchio nell’acqua. Ho passato il mio turno a prendere in considerazione una miriade di miraggi.
Il tempo è prezioso. In caso di naufragio, la regola è semplice e mortale. Un umano resiste 1 ora e 5 minuti in un’acqua a 4 gradi, 1 ora e 25 minuti a 10 gradi. Il mediterraneo, relativamente clemente, lascia un po’ più di due ore da vivere a uomini sani, non a migranti, già indeboliti dalla sete, dalla fame, dal mal di mare. Per conservare il proprio corpo alla giusta temperatura, serve un’acqua a 34 gradi, tanto vale dire un bagno caldo a casa. Quando la temperatura del corpo scende sotto i trentatré gradi, il naufrago è in ipotermia, delira, perde coscienza, rinuncia a lottare. Sono tre ore che scruto le onde cercando di non lasciarmi trasportare dai miei pensieri. Arrivo al punto di rilevare un piccolo pacchetto d’alghe giallastre a una certa distanza. Ma troppa attenzione uccide l’attenzione. La ricerca diventa ossessiva. Si finisce per vedere quel che si cerca. Ieri, su segnalazione della vedetta, l’Aquarius ha fatto inversione di marcia per scoprire un telo di plastica che galleggiava tra le acque. E la notte è terribile: «ho visto distintamente un peschereccio con tutte le luci accese» mi ha detto un ufficiale di guardia. Era solo un pezzo di luna sul mare
Di fronte, sulla costa, c’è la folla dei migranti. Il mare è agitato e combattimenti tra Tripoli e Zuwara ostacoleranno le partenze. Solo, alla cima della barca, ho l’impressione di essere una sentinella di un avamposto. Solo che l’Aquarius non è lì per fermarli, ma per salvarli dall’acqua.
Aquarius 2 Marzo 2016
Jean- Paul Mari
fonte: -> http://www.grands-reporters.com/L-Edito-Sixieme-jour-Sentinelle.html