Non avremmo potuto restare in Libia, è diventato troppo pericoloso – La testimonianza

Non avremmo potuto restare in Libia, è diventato troppo pericoloso – La testimonianza

Aquarius, 29 Novembre 2016

Testimone B.

“Sí, parlo Inglese”. B. ha 33 anni, ha un maglione rosso, un bel paio di jeans e delle buone scarpe. B. non è la « tipica » persona che la Aquarius ospita a bordo, dall’inizio della sua attività a Febbraio del 2016. In effetti, B. e sua moglie insieme alla bambina di 9 mesi, non necessitano di nessun vestito del kit di soccorso che consegniamo alle altre persone salvate. Loro hanno vestiti caldi e di buona qualità e persino il passaporto, il portafoglio e i telefoni.
B. è Siriano. Con moglie e figlia, è stato soccorso dalla nave della Marina Italiana “Nave Grecale” fuori dalle acque libiche, lunedí 28 novembre. Poche ore dopo, sono stati trasferiti a bordo della Aquarius. Non è la prima volta che la Aquarius accoglie passeggeri siriani, ma è la prima volta che c’è un gruppo così numeroso: 24 persone che camminano sul ponte di poppa della nave di SOS MEDITERRANEE & MSF.

La differenza è evidente. I profughi siriani chiedono di fumare, chiedono la password della wifi, hanno richieste specifiche a proposito del cibo; i loro bambini giocano con gli smartphones, mentre i migranti subsahariani arrivano scalzi, senza niente e addirittura scrivono i numeri di telefono importanti sulle proprie t-shirts. Diversamente da loro, i Siriani non vengono inviati per mare su gommoni sovraffollati.
“La nostra barca era messa bene, misurava sette metri, i passeggeri avevano addosso i giubbotti di salvataggio. In totale eravamo 31 persone, tutti Siriani e Palestinesi. Sí, 17 adulti e 14 bambini”, ci riporta B. La moglie, accanto a lui, annuisce. Tiene tra le braccia la loro bambina. Si chiama Kulizar, significa “Fiore giallo”.
Quando B. è scappato dalla Siria nel 2011, era ancora solo. Proveniva da un villaggio vicino ad Aleppo. “Ora tutta la mia famiglia si è trasferita in Turchia, il nostro villaggio in Siria è nelle mani dell’ISIS”. “Sono fuggito perché non volevo arruolarmi, non posso sparare a delle persone, non voglio essere coinvolto in tutto questo, non potrei sparare nemmeno ad un uccello”.
Cosí B. ci dà una sintesi del suo viaggio, sfogliando le pagine del suo passaporto siriano. Ha lasciato la Siria il 30 dicembre del 2011, per spostarsi in Giordania. Dalla Giordania ha guidato per una notte intera per raggiungere l’Egitto, il 31 dicembre 2011. Ma la sua destinazione era la Libia. Il primo di gennaio 2012 era a Tripoli, pronto ad iniziare una nuova vita.
B. ha trascorso in Libia quattro anni, lavorando come autista e come interprete di Turco-Arabo. Infatti, suo nonno era Turco e lui ha ancora un forte legame con la Turchia. Stava pensando se lasciare la Libia, instabile e pericolosa, e trovare asilo in Turchia, ma proprio in quel momento ha incontrato sua moglie, “il mio amore” dice, con lo sguardo che gli brilla. A marzo di quest’anno è nata la loro bambina, a Misurata, in Libia. Dopo un po’ hanno deciso di lasciare il Paese, a causa dell’aumento della violenza tra milizie. “Ci sono milizie, non c’è la polizia, non c’è l’esercito, non sai mai chi può puntarti la pistola alla testa. Se non sei Libico, non puoi vivere tranquillo in Libia”, dice. “Non avremmo potuto restare in Libia, è diventato troppo pericoloso. Lí tutti hanno una pistola, dai più giovani agli adulti, hanno tutti una pistola. Se vogliono denaro, o qualcos’altro, gli basta puntarti contro la pistola e minacciarti di morte”.
“Sogno una vita serena per la mia bambina. È nata a Misurata, ma ha un passaporto siriano. Inizialmente volevo andare in Turchia, ma non siamo riusciti ad avere un visto per mia moglie, dato che è marocchina. Cosí, due settimane fa, dopo aver parlato con alcuni amici ho deciso di venire in Europa”. B. vuole andare in Germania o in Olanda, dove ha degli amici. Ha pagato 2.000 dollari per l’intera famiglia, per salire su quella piccola barca con altri Siriani e Palestinesi, non curante del rischio di morte nell’attraversare il Mediterraneo. Lo ha fatto per la sua bambina, per il suo amore e per se stesso.

Testo: Mathilde Auvillain

Traduzione: Sara Gisella Omodeo

Photo Credits: Laurin Schmidt/SOS MEDITERRANEE – Mathilde Auvillain/SOS MEDITERRANEE

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