SGUARDO SUL MEDITERRANEO #55 – Sopravvissuti ostaggi dei dibattiti politici per 21 giorni mentre continuano i naufragi alle porte d’Europa

SGUARDO SUL MEDITERRANEO #55 – Sopravvissuti ostaggi dei dibattiti politici per 21 giorni mentre continuano i naufragi alle porte d’Europa

   

La seguente pubblicazione di SOS MEDITERRANEE vuole far luce sugli eventi che si sono verificati nel Mediterraneo centrale nelle ultime due settimane. «Sguardo sul Mediterraneo» non è inteso come un aggiornamento esaustivo, ma si propone di trattare le questioni relative alla ricerca e soccorso che si verificano nell’area in cui operiamo dal 2016, sulla base di rapporti di diverse ONG, organizzazioni internazionali e articoli dalla stampa internazionale.

 

[23.11.22]

Salvataggi al largo delle coste maltesi e libiche: in seguito alla decisione discriminatoria di vietare l’ingresso in porto alle navi delle ONG e lo sbarco, i diritti di oltre 1000 persone sono stati gravemente violati dalle autorità marittime europee. 

Tra il 22 e il 26 ottobre, in sei diverse operazioni nelle regioni di ricerca e salvataggio maltesi e libiche, la Ocean Viking ha soccorso 234 donne, bambini e uomini, tra cui oltre 40 minori non accompagnati; nel contempo, la nave Humanity 1 della ONG SOS Humanity ha condotto tre soccorsi, fornendo assistenza a un totale di 180 persone. 

Il 22 ottobre, Georgia Meloni aveva prestato giuramento come Presidente del Consiglio dei ministri italiano, insieme al suo governo. Due giorni dopo, il nuovo ministro dell’Interno Matteo Piantedosi aveva emanato una “direttiva” ai vertici delle forze dell’ordine e della capitaneria di porto per “valutare la condotta” della Ocean Viking e Humanity 1, al fine di adottare un divieto di ingresso nelle acque territoriali di queste due navi umanitarie. 

Il 27 ottobre, la Humanity 1, ancora bloccata in mare senza indicazioni per sbarcare in sicurezza, ha dovuto richiedere l’evacuazione medica di un minore non accompagnato, mentre Geo Barents, la nave di MSF, stava effettuando i soccorsi. Tra il 27 ottobre e il 29 ottobre, questa ha soccorso 572 persone da sette barche in difficoltà. 

Il 2 novembre, a fronte di uno stallo in mare, e in seguito a molteplici e infruttuose richieste di un porto sicuro alle autorità marittime competenti, la Ocean Viking ha intensificato le sue richieste di assistenza alle autorità marittime francesi, greche e spagnole. Ancora bloccati in mare una settimana dopo, il 10 novembre, tre pazienti e un parente hanno dovuto essere urgentemente evacuati per motivi medici tramite elicottero. Poco dopo, le autorità francesi hanno infine ordinato alla Ocean Viking di recarsi al porto militare di Tolone per sbarcare a bordo i restanti 230 sopravvissuti. Lo sbarco è stato completato l’11 novembre, 21 giorni dopo il primo soccorso. 

Nel frattempo, il 4 novembre, l’Humanity 1 ha informato le autorità marittime italiane che non aveva altra scelta che entrare nelle acque territoriali al largo di Catania ripararsi da onde alte e forti venti. Lo stesso giorno, il comandante della nave ha ricevuto un decreto interministeriale, firmato dai ministri italiani di Interno, Difesa e Infrastrutture, che vietava all’Humanity 1 di sostare nelle acque territoriali italiane per un tempo superiore a quello “necessario per assicurare le operazioni di soccorso e assistenza alle persone in condizioni di emergenza e in precarie condizioni di salute”. Secondo SOS Humanity, il decreto indicava che “saranno identificate persone particolarmente vulnerabili e solo una selezione di sopravvissuti sarà portata a terra dalla nave ancorata fuori dal porto”. Nella notte tra il 5 e il 6 novembre, 144 naufraghi sono stati autorizzati a sbarcare a Catania, mentre altri 35 dovuti rimanere a bordo. A sua volta, SOS Humanity ha intentato un’azione legale contro il governo italiano denunciando il disumano sistema di sbarco parziale e i rischi sulla sicurezza dei sopravvissuti, dell’equipaggio e della nave. Il 6 novembre è iniziato uno sciopero della fame tra i 35 sopravvissuti a bordo della nave, e il 9 novembre tutti i naufraghi sono stati infine autorizzati a sbarcare a Catania. 

Il 6 novembre a Catania, la Geo Barents è stata sottoposta alla stessa procedura di sbarco selettivo e discriminatorio da parte delle autorità italiane: 215 sopravvissuti sono stati costretti a rimanere a bordo. Il giorno successivo, tre sopravvissuti si sono gettati in acqua in un gesto di disperazione – l’equipaggio di MSF ha dichiarato che essi soffrivano di attacchi di panico. Lo stesso giorno, un paziente ha dovuto essere urgentemente evacuato dalla nave per motivi medici. Lo sbarco dei restanti superstiti a bordo della Geo Barents è stato completato l’8 novembre a Catania. Il 22 novembre MSF ha annunciato di aver presentato ricorso contro il decreto interministeriale notificato a Geo Barents il 5 novembre, che vietava alla nave di sostare nelle acque territoriali nazionali “oltre il tempo necessario a prestare soccorso e assistenza solo ad alcuni dei superstiti indicato dalle competenti autorità italiane”. 

Il 3 novembre la piccola imbarcazione Rise Above, della ONG Mission Lifeline, ha soccorso 95 persone in tre operazioni. Il 6 novembre, quattro di queste sono state evacuate per motivi medici; il giorno dopo, la Rise Above è stato autorizzata a sbarcare i restanti sopravvissuti a Reggio Calabria. 


Numerosi salvataggi al largo delle coste italiane da parte di assetti europee e navi mercantili: i sopravvissuti sono sbarcati in fretta, come da diritto marittimo
 

Nello stesso periodo in cui SOS MEDITERRANEE, SOS Humanity, MSF e Mission Lifeline hanno incontrato illegittime resistenze nel coordinamento e nella conclusione delle loro operazioni di salvataggio, le autorità marittime europee e le navi mercantili hanno eseguito molteplici operazioni di soccorso. Secondo il giornalista Sergio Scandura, il 25 ottobre la Guardia costiera italiana ha soccorso, nel mar Ionio al confine tra la zona SAR italiana e quella greca, 1.800 persone che erano partite dalla Libia. Il 27 ottobre, 72 persone sono state soccorse dalla guardia costiera spagnola al largo della Sicilia in collaborazione con la guardia costiera italiana e Frontex, e sono portate nel porto siciliano di Augusta. Il giorno successivo, la nave cargo “Christina V” ha sbarcato 150 sopravvissuti nel porto di Trapani. Il 30 ottobre, altre 50 persone sono state soccorse dalla Guardia costiera italiana, che ha messo in salvo circa 1380 persone in un’operazione congiunta con assetti Fronte, e poi di nuovo il 7 novembre ha soccorso 600 persone circa con l’aiuto di navi commerciali e ancora di assetti Frontex. 

Il 10 novembre, il veliero Nadir della ONG ResQship ha assistito oltre 200 persone su cinque imbarcazioni in difficoltà. La guardia costiera italiana ha completato i soccorsi. Il giorno dopo, l’equipaggio di Nadir ha poi soccorso circa 80 persone trovate su due imbarcazioni in difficoltà; tutti i sopravvissuti sono stati fatti sbarcare a Lampedusa dalla Guardia costiera italiana. 

Secondo la giornalista RAI Angela Caponnetto, nelle ultime tre settimane 15.000 persone sono arrivate in Italia, da sole o assistite o soccorse da assetti italiani.

 

Numerosi naufragi e corpi senza vita registrati nel Mediterraneo centrale 

Il 21 ottobre, due bambini sono stati dichiarati morti a causa l’esplosione della loro imbarcazione nella regione maltese di ricerca e salvataggio. Tre giorni dopo, quattro persone sono risultate disperse dopo un naufragio a circa ventiquattro miglia da Lampedusa. Il 27 ottobre si è verificato un nuovo naufragio al largo dell’isola: 31 persone, tra cui 9 donne e un minorenne, sono state soccorse – ma è stato recuperato il corpo di una donna ed un uomo è stato dichiarato disperso. Lo stesso giorno, un altro cadavere è stato recuperato a poche miglia dalla costa di Lampedusa da una motovedetta della Capitaneria di porto. Si tratta del sesto corpo recuperato in tre giorni al largo dell’isola. 

L’11 novembre, un neonato di 20 giorni è stato trovato morto per ipotermia dopo un salvataggio effettuato dalla guardia costiera italiana, sempre al largo di Lampedusa, mentre altri due sopravvissuti sono rimasti gravemente ustionati. Lo stesso giorno, un’intercettazione di due imbarcazioni da parte della Marina tunisina, al largo di Chebba, ha causato la morte di tre bambini. Secondo i testimoni, l’intervento ha creato il panico e le persone sono cadute dalla barca sovraffollata, causando l’annegamento dei tre piccoli. 

Il 20 novembre è stato confermato il decesso di almeno quattro persone; tre risultano ancora disperse, e sette naufraghi su un’imbarcazione in difficoltà sono state soccorsi tra l’Algeria e la Sardegna. 


Le persone continuano a essere riportate con la forza in Libia, fra detenzioni arbitrarie e abusi
 

Il 19 ottobre la guardia costiera libica ha intercettato 96 persone, tra bambini e donne, e le ha fatte sbarcare a Tripoli; tre giorni dopo, l’equipaggio della Ocean Viking ha assistito a due intercettazioni condotte dal pattugliatore libico 656, che passava accanto alla nostra nave, con molti superstiti a prua. Cinque giorni dopo, l’aereo Sea Bird (Sea Watch) ha riferito di aver visto la guardia costiera libica intercettare un’altra barca in difficoltà. 

Secondo l’OIM, tra il 13 e il 19 novembre, sono state intercettate dalle autorità libiche 235 persone. Si sa che da gennaio 2022, più di 20.800 persone sono state riportate forzatamente in Libia. 


Accordo Italia-Libia: automaticamente rinnovato per altri 3 anni il sostegno italiano ed europeo alla Libia, mentre la Corte Penale Internazionale denuncia crimini contro l’umanità
 

Il 26 ottobre, durante una manifestazione a Roma, 40 organizzazioni hanno chiesto al governo italiano di revocare il “Memorandum Italia-Libia” firmato per la prima volta nel 2017. L’accordo tra i due paesi, sostenuto da UE e altri Stati membri, è stato automaticamente rinnovato il 2 novembre per tre anni. In base a questo accordo, l’Italia e l’UE forniscono supporto alla guardia costiera libica per rafforzare la capacità di sorveglianza marittima, supporto finanziario e risorse tecniche a scapito dei diritti umani. Secondo la rivista Altreconomia, l’Italia ha firmato un contratto da 6,5 ​​milioni di euro per fornire 14 imbarcazioni aggiuntive alle autorità libiche al fine di intercettare le persone che tentano di fuggire dalla Libia su imbarcazioni non idonee e riportare forzatamente i sopravvissuti in Libia, nonostante il fatto che, secondo le organizzazioni delle Nazioni Unite, il Paese devastato dalla guerra non possa essere considerato un luogo sicuro. Nel frattempo, il 26 ottobre, Sea Watch ha pubblicato un video in cui una nave della guardia costiera libica minaccia il loro velivolo di monitoraggio Seabird, nella regione maltese di ricerca e soccorso. 

L’11 novembre, il procuratore della Corte penale internazionale (ICC) Kharim Khan ha annunciato al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di aver emesso numerosi mandati per crimini di guerra, crimini contro l’umanità e crimini contro persone migranti, commessi in Libia. Alcune delle persone responsabili di crimini di guerra fanno parte della guardia costiera e delle forze di polizia libiche. Khan ha affermato : “È un obbligo collettivo garantire che i responsabili di tali crimini siano ritenuti responsabili. Tutti gli individui indagati sono capi di clan che si spartiscono il potere: dall’esercito alla guardia costiera, dalla ‘polizia petrolifera’ agli squadroni della morte al servizio del generale Haftar. […] Quando le richieste diventeranno ordini di arresto internazionali, molti governi – tra cui Italia, Malta, Francia, Turchia, Russia – saranno più che imbarazzati nel cooperare alla cattura di persone con le quali non sono mancate strette di mano”. 


La Commissione UE ha rimesso nell’agenda europea il tema Ricerca e salvataggio in mare
 

Il 9 novembre, per la prima volta, la Commissione UE ha pubblicato un comunicato sulla situazione nel Mediterraneo centrale, richiamando la sacralità della vita e del diritto marittimo internazionale: “l’obbligo legale di soccorrere e garantire la sicurezza della vita in mare è chiara ed inequivocabile, indipendentemente dalle circostanze che portano le persone a trovarsi in una situazione di disagio”. Mentre i sopravvissuti erano ancora bloccati in mare su Ocean Viking, Geo Barents e Humanity 1, la Commissione UE ha invitato gli Stati a “lavorare insieme per garantire una risposta comune, con la santità della vita che è della massima importanza e considerazione primaria”. Inoltre, è stato ricordato il principio della solidarietà europea per imporre un meccanismo di sbarco prevedibile: “È importante fornire sostegno a quegli Stati membri che ricevono regolarmente arrivi via mare. Sulla base del meccanismo di solidarietà concordato di comune accordo, è disponibile un numero significativo di posti di ricollocazione per contribuire ad alleviare parte della pressione attraverso la ricollocazione in altri Stati membri.” 

Il 21 novembre la Commissione ha presentato un “Piano d’azione per il Mediterraneo centrale per affrontare le sfide attuali”. Il piano d’azione propone una serie di 20 misure articolate attorno a tre pilastri che saranno portati avanti dall’UE e dai suoi Stati membri con gli obiettivi dichiarati di “ridurre la migrazione irregolare e non sicura, fornire soluzioni alle sfide emergenti nel settore della ricerca e salvare, e rafforzare la solidarietà contro la responsabilità tra gli Stati membri”.

Il nostro “Sguardo” resta sul Mediterraneo. Per garantire testimonianza di quel che avviene nel Mediterraneo Centrale e per onorare i morti e i dispersi. Continuiamo a osservare e a raccontare.

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