Riflessioni a bordo di Aquarius

Riflessioni a bordo di Aquarius

Aquarius, martedì 30.04.2017

Mi trovo a bordo della nave Aquarius di SOS Mediterranee da dieci giorni, sono una etnopsicoterapeuta e il mio ruolo è quello di Testimony Collector, ovvero di raccogliere e raccontare le storie delle persone che, con un coraggio che non ci appartiene, navigano su gusci di legno o di gomma per cercare di salvarsi dalle atrocità alle quali sono sottoposte nei loro paesi. Pur di fuggire sono disposti a tutto ed attraversano nel terrore il mare nero, come tutti loro affermano.

Alcuni non ce la fanno, ma molti riescono ad essere salvati in acque internazionali dalle navi, incluse le navi della Guardia Costiera Italiana, le navi militari, quelle mercantili e quelle di ricerca e soccorso delle ONG, tra queste l’Aquarius, gestito da SOS Mediterranee in partnership con Medici senza Frontiere. Sono donne, bambini anche piccolissimi e uomini che si improvvisano naviganti, su barche di legno che non tengono l’acqua o su precari gommoni.

L’equipaggio è formato da SOS Mediterranee, che è composto dal SAR – Search and Rescue Team, dal Communication Officer e dal Testimony Collector, da Medici senza Frontiere, che includono il Project Coordinator, il Medical Focal Point, il medico, le infermiere, l’ostetrica, la mediatrice culturale, il logista e il Field Communication Manager, da tutto l’equipaggio della nave, Comandante, Primo e Secondo Ufficiale, ingegneri e marinai e dai cuochi. Da questi, che si prodigano per darci cibo buono, abbondante e vario, a tutti gli altri, il livello di professionalità nel salvare vite umane è elevatissimo, oltre ad essere presente un fondamento umano ed etico che accomuna ciascuno, nella più grande collaborazione reciproca.

L’equipaggio di Aquarius, incurante delle accese polemiche di questi giorni nel nostro paese riguardo le attività delle ONG, lavora ogni giorno con continue esercitazioni, simulazioni di soccorso, training sanitari, esercitazioni in mare per il salvataggio. Un aggiornamento continuo, molto serio e approfondito per tutti i membri presenti che avviene quando non ci sono i soccorsi in mare, come è successo questa ultima settimana.

Essere a bordo di Aquarius per me è un onore perché mi permette di stabilire relazioni con persone che hanno esperienze straordinarie in parti del mondo devastate dalle guerre o dalla povertà e che hanno trovato il loro senso di esistere nella solidarietà per l’altro andando nei luoghi sperduti del mondo. E’ anche un dovere, un bisogno di risarcire l’altro per il mio essere stata risparmiata, è la restituzione del privilegio di vivere una vita sicura, libera e abbondante: “Come può accadere questo a un essere umano e non a me? Perché lui e non io?”

Vivendo con le persone a bordo di Aquarius ho sentito forte il carico di responsabilità che ognuno si assume nel salvare le persone, che è la responsabilità di porre rimedio in qualche misura al male del nostro tempo che pare essersi addensato sulle coste della Libia dove sembrano raccolti i dannati della terra che arrivano da ogni parte del mondo infuocato.

Su Aquarius ci sono esseri umani in carne ed ossa, non relazioni virtuali,ci sono quelli che stanno dalla parte dei più deboli, che salvano vite e con esse i valori profondi dell’umanità.

Autrice: Francesca Vallarino Gancia, etnopsicoterapeuta – Testimony Collector su nave Aquarius

Editing: Natalia Lupi

Photo credits: SOS MEDITERRANEE

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