Potevamo vedere la luce solo dalla finestrella della doccia – La testimonianza

Potevamo vedere la luce solo dalla finestrella della doccia – La testimonianza

Aquarius, 16 Ottobre 2016

Testimone A.

A. 33 anni, della Guinea Conakry soffre di un forte mal di testa. Anche le sue gambe soffrono. Ha dovuto camminare tanto. Anche se esausto, ha voluto portare la sua testimonianza.
“Sai bene che mi dolgono le gambe perché abbiamo dovuto camminare a lungo attraverso il deserto e poi in Libia sono stato detenuto per tre mesi. Siamo stati tutti reclusi in un posto simile ad una prigione dove siamo stati portati a bordo di un furgone con circa altre 25 persone.
Avevamo solo due docce e due bagni per 500 persone. Avevamo pochissimo spazio per dormire e potevamo vedere la luce solo dalla finestrella della doccia. Non ho idea di dove fosse, non c’era modo di identificare il posto. Non posso darti né un nome né una posizione.
Ci davano da mangiare, pasta, una volta al giorno e nient’altro per tutta la giornata.
L’acqua che bevevamo era salata per cui probabilmente eravamo vicini al mare”.

“Non avevo idea che avrei dovuto affrontare tutto questo durante il mio lungo viaggio. In Guinea Conakry lavoravo per l’organizzazione di emergenza contro l’epidemia di Ebola. Quando l’emergenza è terminata non avevo più lavoro e ho deciso di partire. Ma vi assicuro, non farei di nuovo questo viaggio.” dice con gli occhi lucidi. “Vedi, sto soffrendo tantissimo. I miei occhi soffrono, la mia gamba soffre, la mia testa soffre. Ti prego, portami un po’ di paracetamolo…”.

Testimone B.

B. della Costa d’Avorio, 30 anni, ha incontrato A. nel campo in Libia. Questa la sua testimonianza:

“Non consiglierei a nessuno di fare il viaggio che io ho fatto per arrivare qui. Neanche al mio peggior nemico. Non ero a conoscenza dei rischi a cui andavo incontro quando ho deciso di lasciare la mia terra. Il viaggio ha iniziato a complicarsi ad Agadez, una città del Niger. Eravamo costantemente rapiti da gruppi armati che chiedevano alle nostre famiglie di pagare per il nostro rilascio. Abbiamo viaggiato sempre senza soldi. Chiedevano alla nostre famiglie di pagare su uno specifico conto bancario. Quando i soldi erano depositati, allora potevamo proseguire il nostro viaggio. Non erano solo i libici a trattarci così, avviene in tutti i paesi del Maghreb. Una volta un mio conoscente ha dovuto versare una somma di denaro su un conto bancario egiziano. Sono molto preoccupato per un mio amico. È così debole che non può imbarcarsi. La famiglia non voleva pagare per lui…abbiamo dovuto inviare una foto che lo ritraeva sofferente. Guarda come siamo tutti sofferenti, siamo tutti malati. Ma non è solo il mal di testa, il mal di mare o le ferite. Dopo quello che abbiamo vissuto, soffriamo con il cuore, con la testa. Ho visto persone con lesioni sui polsi da folgorazione….”

Testo: Mathilde Auvillain

Traduzione: Stefano Ferri

Photo Credits: Andrea Kunkl/SOS MEDITERRANEE

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