La Testimonianza: Ali, un anno dopo torna sulla Ocean Viking

La Testimonianza: Ali, un anno dopo torna sulla Ocean Viking

Nel novembre 2021, Ali*, 17 anni, ha visitato l’Ocean Viking un anno e mezzo dopo il suo salvataggio nel Mediterraneo centrale. Aveva solo 16 anni quando, nel 2020, è stato salvato da un’imbarcazione di fortuna al largo della costa libica.

Quando il nostro equipaggio ha localizzato la sua barca in difficoltà, Ali non aveva giubbotto di salvataggio, acqua o cibo. Dopo lo sbarco, Ali è stato servizi da servizi dedicati ai cosiddetti minori “non accompagnati”. Ora va a scuola, sta imparando un mestiere, ha riscoperto il piacere di giocare a calcio con altri ragazzi della sua età e talvolta partecipa a eventi di sensibilizzazione sulle violazioni dei diritti umani in Libia. Ad un evento organizzato da SOS MEDITERRANEE, Ali ha chiesto ai nostri team di poter tornare a bordo, durante uno scalo della Ocean Viking in un porto vicino. Pochi giorni dopo, eccolo sul ponte della nave. È stato un momento emozionante per i membri dell’equipaggio che hanno accompagnato Ali in questa visita, prima che la Ocean Viking salpasse di nuovo.

Laurence Bondard, responsabile delle comunicazioni a bordo, ha cercato di raccontare questo emozionante momento.

In una fredda mattina di novembre, Ali sale sulla Ocean Viking accompagnato da Nicolas, l’educatore che lo segue, e dai membri del team di SOS MEDITERRANEE. L’emozione di Ali è palpabile: guarda tutti con gli occhi spalancati, senza parole.

In quel momento la Ocean Viking è prossima alla partenza per una nuova missione: le squadre sono impegnate nella manutenzione della nave e delle attrezzature di soccorso e in addestramenti per la cura delle persone che verranno soccorse di lì a pochi giorni. Alcuni membri dell’equipaggio sono occupati in lavori di riverniciatura, altri predispongono un telo sul ponte di poppa, in modo da proteggere il maggior numero possibile di sopravvissuti dalla pioggia. Ali si fa strada timidamente, con lo zaino sulle spalle. Si imbatte in un cartello vicino al rifugio per donne e bambini, che recita “Sei al sicuro”. I ricordi emergono. “Ricordo che ballavamo qui davanti, al suono dei tamburi che ci avevate prestato. Li avete ancora?” chiede con un sorriso che si intravvede dietro la sua maschera FFP2. “Sì, li abbiamo ancora, i tam-tam, i libri, i giochi dei bambini. “Ah i libri, ce n’erano tanti!”. I lineamenti di Ali si rilassano per alcuni istanti, ma per poco: “Prima di essere soccorsi dalla Ocean Viking, la vita non era per niente facile, in particolar modo in Libia”, sussurra, “A bordo dell’Ocean Viking, tutto è cambiato. Sull’Ocean Viking eravamo felici. Ci hanno dato dei vestiti asciutti e cibo tutti i giorni… Indimenticabile. Sono felicissimo di rivedere questa nave”.

Ali riprende il suo cammino, verso il rifugio dedicato a uomini e adolescenti. I ricordi rassicuranti sembrano essere inghiottiti da quelli delle violenze e dei soprusi subiti. L’adolescente si siede su una panca di legno a pochi metri da dove dormiva. “Questa panchina non esisteva quando ero a bordo”, osserva. Il suo sguardo si fa di nuovo triste: “Non so quanto tempo sono rimasto in Libia. Sono stato imprigionato dal giorno in cui sono arrivato fino al giorno in cui sono partito per il mare. Prima ero con mio zio in Algeria. Ora non so dove sia. Siamo stati separati quando siamo arrivati in Libia”, sussurra, lo sguardo fisso a terra. Al suo fianco, i membri dell’equipaggio lo ascoltano, il più delle volte in silenzio. Chiedergli cosa gli sia successo in Libia o durante il suo viaggio significa correre il rischio di risvegliare ricordi insopportabili. Ali cambia discorso, preferendo parlare del suo salvataggio: “Quando abbiamo visto la Ocean Viking in lontananza, ci ha dato tanta speranza. Avevamo passato due giorni in mare, avevamo chiamato i soccorsi e poi anche la guardia costiera libica, perché eravamo completamente persi. Alcune persone non volevano chiamare i libici per paura che ci sparassero. Era davvero dura. Io, dopo quei due giorni di mare, non avevo più speranze. Pensavo che saremmo morti. Vedere la Ocean Viking ha riacceso la speranza in tutti. La speranza di vivere ancora.”

Ali non si sofferma sugli abusi che ha subìto in Libia, ma le violenze sofferte emergono in ogni sua parola. “La ragazza che mi ha assistito non è qui?” chiede all’improvviso. “Mi ha medicato il ginocchio e poi sono stato curato anche in Italia dopo lo sbarco. Ora va meglio”, conclude. Ora Ali ha finalmente l’opportunità di studiare, può contare su adulti premurosi che lo aiutano a ricostruirsi una vita. Ha speranza per il futuro: “Vado a scuola e sto seguendo un corso di formazione per meccanici”, dice con orgoglio. “Gli educatori mi supportano molto. Li ringrazio per tutti i loro sforzi e ringrazio l’intero team di Ocean Viking per averci salvato. Non lo dimenticherò mai.”

Prima di partire, Ali chiede a Nicolas, il suo educatore, di fargli una foto con un membro del team Ocean Viking. Una foto molto intima e personale: guardandola i suoi occhi si illuminano. Non vede l’ora di mostrarla ai suoi amici.

*Il nome è stato cambiato per proteggere l’identità del sopravvissuto.

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