I Migranti ed il Linguaggio dei Media

I Migranti ed il Linguaggio dei Media

I media hanno un ruolo importante nel tenere tutti noi informati riguardo alle sfide umanitarie più urgenti che la nostra società deve affrontare. Ogni giorno sfogliamo giornali e leggiamo articoli online. Seguiamo blog informativi e condividiamo gli articoli d’opinione che riteniamo più interessanti sui nostri social media preferiti. Ascoltiamo la radio oppure i podcast quando ci rechiamo la mattina al lavoro o quando torniamo la sera a casa. Questo flusso ininterrotto di informazioni ci permette di prendere coscienza di quanto avviene nel mondo e di formarci un’opinione su tutto ciò che ci circonda.

Dobbiamo però essere consapevoli che il linguaggio utilizzato dai media a volte può essere fuorviante, se non addirittura nocivo. Questo è vero specialmente quando ci imbattiamo in descrizioni e rappresentazioni riguardanti lo stato d’essere dell’individuo denominato “migrante”.   Un recente studio, svolto dalla Cardiff School of Journalism, analizza sistematicamente lo stile di scrittura di 1.500 articoli di giornale pubblicati in diverse nazioni e mostra che il linguaggio utilizzato dai media è palesemente ostile nei confronti di chi si allontana rischiando dalle proprie regioni e paesi di origine, per sfuggire dall’annullamento dei diritti umani.

Etichette che vengono spesso applicate ai migranti, come ad esempio fiume di gente, flusso di persone, massa umana e altre varianti, producono un effetto dannoso: disumanizzano, ovvero cancellano i caratteri propri delle singole persone mettendoli sullo stesso piano di quello che può essere un flagello naturale inanimato. Una forma di disumanizzazione più subdola viene perpetuata quando numeri e statistiche sono il solo oggetto di discussione, a scapito delle testimonianze dei migranti stessi, delle organizzazioni sociali civili, dei medici, dei volontari, dei ricercatori sul campo e di chi lavora direttamente con loro. Tenendo presente tutto ciò, è interessante vedere quale è il modo di inquadrare e quale è la presa di posizione dei vari media in Europa:

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Studio realizzato dalla Cardiff School of Journalism per UNHCR (2015)


Qui ad SOS Méditerranée stiamo tentando di invertire questo andamento negativo. La missione che ci siamo posti è quella di assistere i migranti nelle situazioni più pericolose. La premessa che guida il nostro lavoro è che tutti noi abbiamo un’umanità condivisa e che perciò quella della solidarietà è l’unica strada avanti. Grazie ad innumerevoli donatori, volontari sparsi per l’Europa, medici, all’equipaggio dell’Aquarius, al personale sulla terra ferma in Italia, Germania e Francia, siamo riusciti fino ad ora a salvare 796 persone.

Tutte queste persone che sono state salvate hanno dei nomi, delle storie e dei sogni di vita migliore, come ci ha raccontato eloquentemente il giornalista Jean-Paul Mari, a bordo dell’Aquarius non molto tempo fà. Tutti hanno deciso di affrontare un viaggio pericoloso attraverso il Mar Mediterraneo, nonostante l’alto rischio e l’enorme costo:

“[…] Un quarto d’ora più tardi, la clinica di bordo è operativa ed ecco arrivare i primi sopravvissuti. In che stato! Rigidi, lo sguardo vacuo, barcollano, sono bagnati fradici, paralizzati dal freddo, crollano senza dire una parola. C’è una donna incinta in stato di choc, un uomo a cui ricucire un piede traforato dai chiodi del fondo dello Zodiac, c’è da curare tutta la sofferenza del mondo. Anna sa ascoltare i migranti. Gli uomini le raccontano, pezzetto per pezzetto, della fame, della sete, e dei colpi, le torture, le umiliazioni nelle carceri libiche. […]” Jean-Paul Mari, Diario di bordo, giorno 15

La nostra speranza è che sempre più persone possano rendersi conto che l’unica vera via per assistere i migranti cha attraversano il Mediterraneo è quella di trattarli come esseri umani, non soltanto con le azioni, ma anche con le parole. Speriamo che un giorno nessuna vita venga più persa nel Mediterraneo e che il nostro lavoro non sia più necessario. Nel frattempo, il bisogno d’aiuto è ancora disperato. Speriamo che molte altre persone decidano di dare sostegno anche a noi nel nostro viaggio che abbiamo iniziato nel Maggio 2015.

Giorgio Baldelli

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