Diario di bordo – G5 – La mosca

Diario di bordo – G5 – La mosca

Lei si è posata giusto al centro dello schermo del mio computer, proprio mentre stavo scrivendo. L’ho scacciata con la mano. È volata. Testarda, è tornata allo stesso posto. Non c’è niente di più fastidioso di un insetto nel bel mezzo di una frase.  E per di più io ho orrore delle mosche. Nel deserto, spuntano dal nulla per torturare il camminatore assetato, tormentare i feriti e mancare di rispetto ai morti. Le mosche vivono della sporcizia del mondo. La tentazione di schiacciarla era forte, ma ho lasciato stare. Tutto sommato questa mosca non c’era alla partenza a Lampedusa in Sicilia, lei è comparsa a dodici miglia dalla costa africana. Senza dubbio si tratta di una mosca libica. Lei è a casa sua. Fatto sta che ha deciso di lasciare la costa e di andare al largo per venire a rifugiarsi sull’Aquarius. Questa mosca testarda, scocciante ma perduta, è della razza degli insetti migranti. Alla fine ho ripreso a scrivere e lei, saggiamente, si è andata a posare accanto al computer, senza dare più impaccio.

Ben più fastidioso è questo mare che beccheggia con onde di piombo e gioca alla «lavatrice», termine che i marinai danno agli oblò sommersi dalle onde.

Il tempo comincia a migliorare e la calma permette di potere parlare con le persone che ancora non si conoscono. Una cosa è sicura.  Questa nave ospita uno spirito e delle persone speciali.

C’è Jean il marinaio, giovane ufficiale formatosi alla scuola navale ed esperto di piattaforme petrolifere, il quale dice di avere scoperto sull’Aquarius la sua vera vocazione. C’è Majd, navigatore nato a Idlib in Siria che, per essersi sottratto al servizio militare, veleggia da tempo al largo dalle coste del suo Paese natale. E c’è Zenawi, l’Eritreo che da tre anni è fuggito dalla dittatura del suo paese, attraversando il Mediterraneo su un battellino per raggiungere Lampedusa, si è poi stabilito in Francia dove lavora come interprete di arabo e tigrino. Aspettando di trovarsi sul ponte dell’Aquarius, nel posto giusto, per potere tendere la mano al naufrago che lui stesso è stato.

E poi c’è la storia di Klaus Vogel, capitano di navi mercantili e presidente dell’associazione, ideatore del progetto e personaggio fuori dal comune, che voleva diventare medico, ma si ritrova marinaio all’età di diciotto anni, posa il suo zaino cinque anni dopo per costituire una famiglia e fare un dottorato di storia tra Parigi e Göttingen. Ritornato sull’acqua attraversa il globo come capitano su delle immense navi portacontainer, ma abbandona tutto di botto, a 58 anni, perché non sopporta di vedere il Mediterraneo vuoto quando i migranti annegano e chiedono soccorso.

Sì, questa barca è una fucina capace di fondere più vite insieme.

Guarda! La mosca se ne è andata. Più leggera.

 

Aquarius 29 Febbraio 2016

Jean- Paul Mari
fonte: -> http://www.grands-reporters.com/L-Edito-Cinquieme-jour-La-mouche.html

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