A bordo dell’Ocean Viking, i sopravvissuti svolgono un ruolo fondamentale nel salvataggio in mare.

A bordo dell’Ocean Viking, i sopravvissuti svolgono un ruolo fondamentale nel salvataggio in mare.

L’organizzazione della vita su una nave è possibile solamente grazie al lavoro di squadra, soprattutto in casi di emergenza come durante le operazioni di soccorso. Sottolineiamo spesso quanto sia importante prima di ogni missione la formazione del team a bordo per imparare a lavorare insieme come team ed essere pronti ad affrontare le emergenze che si possono presentare. Tuttavia, ciò che spesso ci dimentichiamo di menzionare è il ruolo cruciale delle persone soccorse, sia durante le operazioni di salvataggio sia una volta salvi a bordo della Ocean Viking in attesa di sbarcare in un luogo sicuro. Senza il loro aiuto sarebbe difficile per il team di SOS MEDITERRANEE adempire alle sue missioni in mare: salvare e proteggere.

 

Le persone soccorse durante questi sei anni di missioni nel Mediterraneo Centrale hanno concretamente aiutato il team di SOS MEDITERRANEE prendendo parte a diversi compiti: sia collaborando attivamente con la squadra di Ricerca e Soccorso durante le operazioni di salvataggio e traducendo per gli altri sopravvissuti, ma anche aiutando a trasportare scatole di coperte e kit di salvataggio. 

L’aiuto dei sopravvissuti nelle diverse fasi di ogni missione è vitale affinché il team della Ocean Viking possa condurre le operazioni in totale sicurezza.

© Photo : Anthony Jean / SOS MEDITERRANEE 
Il primo momento in cui il team conta sul supporto dei sopravvissuti è anche il più critico: durante le operazioni di salvataggio. Una delle cose fondamentali in questa fase è il cosiddetto «controllo della folla». Ciò significa che le persone devono capire che stanno per essere salvate e che è necessaria la loro cooperazione durante l’operazione di salvataggio. In questa fase è dunque cruciale che le persone restino calme, si aiutino a vicenda e che forniscano alla squadra di soccorso informazioni importanti sulla situazione a bordo della barca in pericolo come la presenza di persone più vulnerabili e minori, emergenze mediche, persone stipate sottocoperta ecc…  
Nel novembre 2021, Khaled*, un ragazzo di 20 anni originario della Siria, ha aiutato il team di Ricerca e Soccorso durante il difficile salvataggio notturno della barca di legno su cui viaggiava assiema ad altri 68 uomini, donne e bambini. “Quando ci avete parlato nella mia lingua, ho capito che eravate lì per salvarci. Mi sono subito calmato” ricorda Khaled*. Durante tutta l’operazione di salvataggio ha collaborato con la squadra di SOS MEDITERRANEE tenendo una delle estremità del mezzomarinaio [un gancio d’accosto] per tenere l’imbarcazione in pericolo vicino ai RHIB [gommoni a chiglia rigida]. “Quando mi avete guardato e mi avete detto di tenere il bastone [il mezzomarinaio], ho fatto del mio meglio per non mollare la presa nonostante le onde. Avevo capito che i miei compagni potevano essere salvati solamente se le nostre barche restavano incollate. Altrimenti, avrebbero rischiato di cadere in acqua. Ho resistito fino a quando non è stato il mio turno [di scendere dalla barca]”  

© Photo : Flavio Gasperini / SOS MEDITERRANEE 

Anche Musse*, un ragazzo di 23 anni originario del Tigrè in Etiopia, ha aiutato il nostro team l’estate scorsa durante il salvataggio dell’imbarcazione in legno su cui si trovava insieme ad altre 63 persone. Ricorda il momento dell’arrivo dei soccorritori in cui si rende conto di essere al sicuro: “Pensavamo foste libici. Ma il vostro amico dalla barca veloce [si riferisce al RHIB] ci stava facendo dei segni e dicendo “veniamo a salvarvi!”. Nessuna delle altre persone sulla nostra barca aveva capito. Nessuno parlava inglese, ma ho tradotto per tutti. È stato il momento più felice che ricordassi da molto tempo. È stato come rinascere”.  

Una volta in salvo, Musse* ha sfruttato le sue competenze linguistiche a vantaggio delle altre 554 persone a bordo della Ocean Viking soccorse durante la missione. In particolare, ha sostenuto i naufraghi originari dell’Etiopia o dell’Eritrea: quando uno dei suoi compagni ha chiesto l’aiuto dell’equipe medica per un problema di salute grave, Musse* ha trascorso ore insieme a lui nella clinica a bordo per tradurre e dargli supporto emotivo. Sia durante l’operazione di salvataggio che in seguito durante l’attesa di sbarcare in un luogo sicuro, Musse non solo ha sostenuto gli altri superstiti, ma ha anche facilitato il lavoro del team di SOS MEDITERRANEE contribuendo alla buona riuscita del salvataggio ed alla fornitura delle cure mediche necessarie. 

© Photo : Flavio Gasperini / SOS MEDITERRANEE 

Dopo le operazioni di soccorso, una volta in salvo a bordo della Ocean Viking durante l’attesa di sbarcare in un luogo sicuro, i superstiti ed i team a bordo spesso si aiutano nei compiti della vita quotidiana sul ponte della nave: la pulizia e disinfezione degli alloggi, la distribuzione dei pasti e la pulizia dei piatti.

© Photo : Flavio Gasperini / SOS MEDITERRANEE 

Nell’autunno 2021 Jenelle Eli, incaricata della comunicazione a bordo della Ocean Viking per la IFRC (Federazione Internazionale delle Società della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa) nota Jamal*, un adolescente somalo soccorso in quella missione. La colpisce in particolare la fretta del ragazzo nell’aiutare l’equipaggio a bordo: “Ogni mattina Jamal si svegliava pronto ad aiutare a servire la colazione. Sistemava con cura il tavolo pieghevole e riempiva le bacinelle con acqua e sapone. Così, mentre le famiglie mangiavano biscotti, barrette di cereali e bevevano tè, Jamal lavava le tazze e riforniva le scorte” racconta Jenelle. “Non c’era bisogno che lavorasse sodo, il team a bordo è incaricato di servire la colazione, ma tutto questo gli permetteva di creare una routine per la sua giornata e di costruire un senso di comunità” .

© Photo : Jenelle Eli / FICR 

Jenelle solleva qui un punto molto importante relativo al sostegno reciproco tra le squadre e le persone soccorse a bordo della Ocean Viking: anche se si tratta di una situazione di emergenza, questo tipo di cooperazione non è solo il risultato del bisogno di un aiuto pratico. La possibilità di contribuire attivamente alle attività giornaliere a bordo della nave dà alle persone soccorse un senso di “acency”, ovvero la possibilità di avere il controllo sulle proprie azioni e le loro conseguenze, sensazione che molte di queste persone non provano da tempo essendo state detenute in condizioni estremamente difficili in Libia. Questa sensazione di avere il controllo sulla propria vita e di partecipare ad una routine aiuta anche i superstiti a superare le esperienze traumatiche che hanno vissuto. 

Che sia durante un’operazione di salvataggio, durante la distribuzione di cibo o essendo presenti l’uno per l’altro sul ponte o nella clinica della nostra nave, non sottolineeremo mai abbastanza l’importanza cruciale di sostenersi a vicenda e l’equipaggio a bordo. 

* Per proteggere l’identità dei superstiti, i nomi sono stati modificati.

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